Attraverso l’epopea del “Sebastiano Veniero” ecco un omaggio appassionato a tutte le anime dei sommergibilisti che dalle profondità marine bisbigliano sommessamente il loro desiderio di non essere mai dimenticati.
A cura di Claire Beaux. Foto di Guido Capraro, Leonardo Lodato ed Emanuele Vitale
Veniero (1925), Medusa (1942), Thresher (1963), Kursk (2000), Ara San Juan (2017): questi alcuni dei sottomarini affondati nel corso della storia che hanno trascinato con sé il loro equipaggio. Uomini coraggiosi, di cui molto spesso i nomi formano solo un mero elenco di vittime, il cui ricordo svanisce nel tempo: e invece, che siano stati affondati dal fuoco nemico o a causa di incidenti a bordo, gli uomini di un sottomarino sono uomini che non dovrebbero essere scordati.
Le loro gesta, le loro imprese, vanno ricordate, attraverso le pagine dei libri o le immagini di un film come “Comandante” (2023, regia E. DE Angelis, tratto dal libro Comandante di Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis, Bompiani 2023, pp160). Sessanta uomini che partono per combattere da eroi, per difendere la Patria, costretti a riservarsi a vicenda quel poco spazio che c’è in un sommergibile condividendo gioie e sofferenza. Il sommergibile che ebbe a bordo questi marinai, il “Cappellini”, non affondò, come invece successe al protagonista della nostra storia: resta però un esempio della dura vita in mare, di un tempo sospeso, del cuore forte dei nostri marinai.
“Storie di Uomini e di Navi”
Dopo un viaggio si torna sempre con qualcosa che prima non si aveva: gli occhi pieni dei luoghi visitati, il naso che sente ancora i profumi, la mente che ripercorre i giorni appena trascorsi.
Dal mio ultimo viaggio in Sicilia ho ancora nelle orecchie echi di racconti e il cuore stracolmo di emozioni.
Catania, un sabato di ottobre, una sera di pioggia: ma come, in Sicilia non piove mai! Eppure sembra debba venire ora tutta l’acqua che nei mesi scorsi è rimasta lassù, in quell’azzurro cielo siciliano.
Cinque amici, quattro che già si conoscono da tempo e una “intrusa” del gruppo, siedono attorno a un tavolo e mentre aspettano quanto ordinato si scambiano le domande di rito tra chi si ritrova dopo anni, ma come se non fosse passato neanche un giorno. «Oh allora Roberto, come va? Dimmi che combini lassù a Brescia?». «Ma, Guido, il solito… ho ricominciato i corsi coi ragazzi, vado in acqua col rebreather, in grotta…».
Il cuore mi batte, forte: adesso glielo dico, no aspetto ancora un po’, devo solo trovare il momento in cui inserirmi senza essere invadente. Ecco, Eliana chiede un brindisi, beviamo, adesso, vai! «Francesco, scusa la mia curiosità, avresti voglia di raccontarmi?».
Facciamo due passi indietro: tempo fa, un mio istruttore, parlando di relitti, mi consiglia la lettura del libro Storie di Uomini e di Navi – Un’avventura chiamata “Veniero” di Guido Capraro e Leonardo Lodato (Editrice La Mandragora, 2012). Lo leggo mentre sono sul traghetto per Lissa e, se già ero appassionata, da quel momento capisco che le prossime immersioni sui relitti non avranno più lo stesso sapore.
Guido e Leonardo si sono immersi sul Veniero, sommergibile della Regia Marina Italiana, che nell’agosto del 1925 affonda durante un’esercitazione a seguito di una collisione accidentale con il piroscafo “Capena”, nelle acque di Porto Palo di Capo Passero in Sicilia. Le loro pagine sono la cronaca di questa immersione, dei preparativi, degli incontri con i parenti dei protagonisti.
Vari sono i personaggi che intervengono nel racconto, tra questi Francesco, detto “Frank”.
Francesco mi guarda, pronto per rispondermi, non ha ancora pronunciato parola che io vedo già i suoi occhi brillare. «L’idea dell’immersione mi aveva preso completamente, la sua pianificazione, il mio ruolo, perché sai, mi avevano riempito di bombole e attrezzature come non mai, avevo un compito importante, garantire aria ai miei compagni! Ma era un’altra l’emozione che sentivo: stavo per tornare in un luogo sacro. Nel 1994 la Marina Militare organizzò una cerimonia di commemorazione in onore dei caduti del Veniero e se ne occupò l’unità Cassiopea dove ero imbarcato come guardiamarina. Il caso volle che fui scelto io per leggere il discorso in memoria dei caduti. Un filo legava i due eventi, il filo del destino che accomunava noi Marinai d’Italia ai Marinai del Veniero, di non essere mai dimenticati dalla Marina che ci onoravamo di servire.
Comunque ricordo passo passo quell’immersione: mi butto, individuo la prua e la mitragliatrice, pinneggio e mi trovo davanti al boccaporto, mi avvicino, mi sembra quasi di distinguere i corpi. Ho il cuore che sta per esplodere, vorrei tornare a palla in superficie. Mi ha fatto male, fa male ancora oggi. Dopo quella volta non sono più tornato, non è un luogo per turisti. Non c’era più motivo per tornare, non c’è più motivo per tornare.»
Cerco di riprendermi, ma quello che sento è molto forte, forse perché so bene cosa vuol dire raccontare storie dimenticate o che vorrebbero farci dimenticare.
Incrocio lo sguardo di Eliana che, con una delicatezza tutta sua, mi dice: «Un’esperienza magica, è stata più di un’immersione, è stata un’emozione tangibile.»
E il filo dei ricordi ora arriva a Guido al quale chiedo di farmi “dal vivo” il racconto di quei momenti.
«Ho sempre avuto il pallino di raccontare storie di uomini e di navi, ma il racconto di un naufragio è delicato, occorre trovare il modo giusto, occorre farlo in modo serio. Nessuno lo aveva fatto prima di noi, nessuno si era preso l’impegno di parlare degli uomini del Veniero.
Questo sommergibile apparteneva alla classe “Barbarigo”, fu varato nel 1918 e il suo equipaggio ordinario era di 40 persone, di cui 4 ufficiali. Il primo ad aver intuito che quello lì sotto le acque fosse proprio il Veniero è stato il grande Enzo Maiorca e suo fu il maggior contributo per l’identificazione del battello. Ebbene, lo abbiamo incontrato, ci siamo fatti raccontare. La storia degli uomini del Veniero si è poi costruita da sola man mano che abbiamo potuto parlare con i testimoni. Fra i tanti il professor Giulio Santoro, figlio del vice comandante del “Capena”, uomo avventuroso, pilota durante la prima guerra mondiale a fianco di D’Annunzio o Raffaele De Rosa figlio di uno dei marinai del Veniero, che al tempo della disgrazia era ancora nella pancia della mamma. Di quest’ultimo ricordo bene l’emozione che gli si leggeva sul viso quando, salutandoci dopo il nostro incontro, ci disse: “Voi, per me, siete angeli. Voi state andando lì dove io non sono mai potuto andare […] la tomba di mio padre.”».
«Immergermi sul Veniero è stato come entrare in una dimensione di sacralità, come entrare in un tempio, un luogo dove il destino è condiviso da tutti, comandante, ufficiale e semplici marinai, nella stessa maniera. Entri col cuore e con immenso rispetto.
Siamo molto fieri della nostra “impresa”: i giorni di preparazione, i tentativi di immersione andati a vuoto per il maltempo, le chiacchiere con i testimoni. Certo anche la deposizione della bandiera sul relitto mentre stavamo facendo le riprese per il documentario. Ma soprattutto siamo riusciti a ridare memoria a quei marinai, a quanto accaduto e forse a fare più chiarezza su come sia avvenuto, mettendo insieme gli eventi come nessuno prima aveva fatto.».
Guido, Leonardo, Francesco ed Eliana hanno fatto molto più che scrivere e raccontare: si sono calati sul Veniero in “punta di pinne”, hanno toccato quel ferro dal destino tragico e hanno sussurrato a quei marinai di sognare di navigare ancora.
E brillano i loro occhi.
Ma chi sono i quattro amici e l’”intrusa” del gruppo?
Guido “Guidone” Capraro è un subacqueo appassionato, Commissario federale della FIPSAS, istruttore, autore di manuali per sommozzatori e istruttori.
Eliana “Elyanix” Saglimbene è biologa, subacquea, grande lettrice di fantasy e moglie di Guido.
Francesco “Frank” Landolina è subacqueo, istruttore, ex ufficiale di Complemento della Marina Militare, ingegnere.
Roberto è subacqueo, istruttore, appassionato di relitti e grotte, grande amante del Giappone.
L’“intrusa” sono io, sempre lì a chiedere «Ma posso farti qualche domanda? Ma hai voglia di raccontarmi?»
Ah… comunque, anche io sono subacquea, appassionata di relitti e grotte, meno navigata di questi qui sopra, ma con tanta voglia di conoscere le storie del mondo sommerso e di raccontarle.
(Alcune delle immagini, realizzate da Daniele Tibullo, si riferiscono all’evento commemorativo dei 90 anni dall’affondamento del Veniero che si svolse presso la Guardia Costiera di Siracusa, nell’ottobre del 2015, a seguito di una seconda immersione sul relitto, successiva a quella che aveva originato il libro “Storie di uomini e di navi”. L’occasione di questo articolo inoltre ci è propizia per ricordare che proprio l’anno prossimo, nel 2025, ricorreranno i 100 anni esatti di distanza dal tragico affondamento!)