Oggi come oggi l’approfondimento delle tecniche di compensazione sembra essere il Santo Graal dell’apnea. Prendendo spunto da un modulo di formazione istruttori di Apnea Academy che Andrea Zuccari ha tenuto il 28 e 29 novembre scorso proviamo a parlarne più diffusamente.
A cura di Marco Mardollo. Foto di Fabio Ferioli, Marco Mancini, Umberto Pelizzari by Y – 40
Andrea Zuccari ha tenuto il 28 e 29 novembre scorso un Modulo di formazione istruttori di Apnea Academy dedicato alla compensazione in apnea. Anche da questa esperienza emergono conferme che cominciano a stendere le basi per nuovi fondamentali nel campo della compensazione per l’apnea.
Ci sono persone che per quanto appassionate, causa il portarsi dietro errori di compensazione, non sono ancora mai riuscite ad andare in profondità a più di qualche metro e che hanno dovuto limitare la loro passione all’apnea statica o alla dinamica orizzontale.
Per queste persone, i cosiddetti “Valsalviani”, adesso c’è la possibilità, con le nuove tecniche didattiche della compensazione, di imparare la maniera corretta per andare profondi quanto vogliono, limitati semmai dalle capacità fisiche e non più solo ed esclusivamente dalla capacità di compensare la membrana timpanica.
Le problematiche di compensazione riguardano spesso l’uso esclusivo degli addominali per compensare, o la cattiva gestione dell’aria che abbiamo nel retrobocca, o la non capacità di far intervenire l’apertura del palato molle.
In genere è la non conoscenza del meccanismo motorio e il mancato controllo del rinofaringe a non permettere agli apneisti una agevole immersione.
L’avanzamento verso una compensazione realmente consapevole fa nascere un nuovo livello di comfort, privo di rischi e ricco di soddisfazioni.
Queste nuove tecniche, a livello avanzato, permettono a chi è già un apneista di buon livello di aumentare in maniera sorprendente le proprie quote, senza rischiare – come invece accadeva in passato – un’usura precoce dell’apparato uditivo.
Ma, tornando con lo sguardo al passato, come mai solo da pochi anni c’è stato questo boom improvviso? E come mai nessuno ha approfondito prima queste tematiche?
All’inizio c’erano gli spongarioti greci che – si dice – perforavano le membrane timpaniche dei figli perché non soffrissero quando scendevano a raccogliere le spugne.
Poi c’è stata l’epopea gloriosa di Mayol e Majorca, con la loro sfida negli abissi ed entrambi avevano dei grossi problemi di compensazione, ma nessuno – medico o esperto – sapeva dare loro indicazioni, nei testi ancora tre/quattro anni fa c’era scritto solamente “creare pressione nelle orecchie”.
Anzi, nei testi subacquei di allora, nelle parti che riguardavano la compensazione, c’erano errori grossolani che solo da pochi anni – meno di una decina – sono stati rivisti e corretti.
Ad esempio la compensazione Valsalva, citata alla pari della Marcante-Odaglia, come se fossero equivalenti, da meno di dieci anni si è scoperto che funziona al massimo entro 8/10 metri, soprattutto grazie a Federico Mana.
E tutti i record fatti? Come si compensava? Ogni apneista adoperava tecniche sue proprie, che neppure sapeva spiegare, tant’è che fino a pochi anni fa la descrizione della metodica era semplice: “Chiudi il naso e soffia!”
Oggi le cose sono molto cambiate e ci si è resi conto che tantissimi apneisti, troppi, se non diversamente istruiti, disperdono gran parte delle loro energie nella compensazione, con il risultato di rimanere a quote limitate e di fare tuffi molto poco agevoli.
Andrea Zuccari, che collabora da anni con Apnea Academy, dal suo covo di Sharm, nel suo Freedivingworld, ha sviluppato tecniche d’insegnamento che permettono a chi si avvicina all’apnea, ma anche a chi pratica apnea già a buon livello, di scendere e compensare consapevolmente, con poco sforzo e conquistando nuove agilità.
Se ne evince – giusto per fare un esempio – che pure l’aria che c’è nel retrobocca, quella che serve per compensare, diminuisce di volume (come tutta l’aria) mentre si scende. Ma nessuno ha mai fatto caso che un apneista deve spostare più volte l’aria dai polmoni al retrobocca. Accade ma non ci abbiamo mai fatto caso! Ora la traslazione avviene in tempi e modi stabiliti e il riuscire a non farlo più accadere solo in maniera casuale comporta un grande passo avanti sul piano tecnico.
In compenso va detto che lo sviluppo di questi nuovi principi non porta automaticamente a tecniche facilissime da eseguire, si tratta di far lavorare i muscoli del retrobocca, il tensore del velo palatino, che nella maggior parte delle persone non è nemmeno volontario.
Dunque non è tanto che ci siano segreti, quanto che si tratta di esercitare, a secco, movimenti muscolari che conosciamo poco.
Nella compensazione ci sono due “porte”: glottide e palato molle. E alcune chiusure, labbra, naso, più la lingua che può bloccare l’afflusso dell’aria verso l’esterno. Ci sono poi tutte le problematiche individuali, la gente non percepisce ad esempio il movimento a pistone della lingua nel Frenzel (Marcante Odaglia). Ci sono tantissime varianti, anche se di solito è prevalentemente l’uso della contrazione addominale che complica la situazione.
Il discorso comunque gravita attorno alla gestione dello spazio del retrofaringe con movimenti della lingua e impiegando solo l’aria che si ha in bocca, all’interno del piano dei denti. Già così si può passare dai – 10 ai – 30 metri!
Esattamente come vent’anni fa, alla nascita di Apnea Academy, l’insegnamento dell’apnea veniva rivoluzionato dall’accostamento degli insegnamenti tecnici alla respirazione e al rilassamento, ora la nuova frontiera è rappresentata da un approccio “consapevole” alla compensazione.
Sempre e comunque una ricerca dentro di noi.