Recentemente il fenomeno scuttling in Mediterraneo ha subìto un’escalation prevedibile. Non solo l’annunciata “Nave di Tito” in Croazia ma perfino un Airbus A300 in Turchia. E finalmente, dopo due convegni a tema, i nostri articoli, una lettera aperta ai media ecc, anche la grande stampa nazionale si accorge dell’argomento. Ma i politici?

A cura di Romano Barluzzi. Foto Fabrizio Martinelli di Bignami Sub e repertorio Redazione. Video di “Il Piccolo” di Trieste.

[TS-VCSC-Lightbox-Image external_link_usage=”false” content_image=”9897″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Interni del VIS a poche ore dall’affondamento guidato al largo di Pola – Croazia” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

Sarà anche brutto sostenere il più classico dei “noi l’avevamo detto” ma talvolta è questa l’unica espressione che può efficacemente riassumere il senso di una constatazione e l’amarezza che ne scaturisce. Vediamo di spiegare l’una e l’altra. La constatazione è sul momento “storico” che stiamo vivendo riguardo allo scuttling. Dapprima fummo testimoni anche noi, insieme a un folto pubblico di subacquei e addetti ai lavori vari, di un importante convegno a tema svoltosi nel corso dell’ultimo EudiShow a Bologna, dal titolo di “Affondamento Volontario dei Relitti: facciamo il punto su una questione controversa”, a cura dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee, presenti relatori del calibro di Sebastiano Tusa suo presidente – nonché Soprintendente del Mare della Regione Sicilia – e altri, tra cui Massimo Ponti, Docente di Ricerca Scientifica Subacquea all’Università di Bologna e Presidente dell’Associazione Italiana Operatori Scientifici Subacquei; Luisa Cavallo, Primo Dirigente della Polizia di Stato già Direttore Centro Nautico e Sommozzatori P.S. e autrice di libri sulla legislazione in campo subacqueo; lo stesso Francesco Chionna, Ammiraglio già Comandante Comsubin e autore di studi sull’affondamento volontario, di cui diremo anche più avanti; Franco Andaloro, Dirigente di ricerca ISPRA; Fabio Ricciardelli, Presidente Comitato Scientifico Fondazione Michelagnoli che si è occupata in passato di scuttling; operatori dei diving center Isola di Malta; Riccardo Cattaneo Vietti, biologo marino docente universitario e vice-presidente dell’Accademia; Paolo Ferraro, Direttore dell’Accademia, moderatore dell’incontro.
Il convegno vide il confronto tra favorevoli e contrari all’ipotesi di istituire per legge uno scuttling praticabile anche nel nostro Paese, al pari di quanto sta avvenendo in altri appartenenti alla stessa Comunità Europea. L’occasione però apparve in realtà l’ennesima chiacchierata tra esperti di vario genere: un opinionismo magari illustre ma che non poté né orientare i subacquei presenti verso un punto di vista univoco, né di conseguenza seppe agire da stimolo verso l’opinione pubblica e il mondo istituzionale o dei media per un costruttivo e concreto programma di messa in opera di iniziative in ambito scuttling. Insomma non ci piacque proprio, specie in certi passaggi, come quelli che, a sostegno di un “no-scuttling” di principio, addussero motivazioni contingenti in realtà scontate, praticamente inutili constatazioni, ad esempio che “in una regione già piena di relitti e habitat naturali lo scuttling non avesse senso o fosse più dannoso che vantaggioso”. Sarebbe venuto da chiedere chi mai avesse presunto che lo scuttling si fosse dovuto fare proprio in simili regioni, quando ci sono coste italiane a litorale sabbioso e fondali piatti (quasi tutto il nostro Adriatico, per esempio), di per se poco significativi dal punto di vista naturalistico e improduttivi da quello subacqueo e che proprio per questo si presentano ideali per gli scopi di rivalorizzazione ambientale insiti nello scuttling, al punto da rendere il suo impatto trascurabile e i vantaggi enormi.
In conclusione un’occasione forse valida quale incontro pubblico tra esperti sulla tematica, dato che resta comunque opportuno che se ne parli, ma rimasta ferma a un livello ancora di pura teorizzazione sugli eventuali sviluppi.

“Relitti intelligenti” in convegno a Trieste
Molto più concreta è apparsa una iniziativa di pubblico incontro sulla stessa tematica scuttling portata avanti dal gruppo di Trieste Sommersa Diving proprio a Trieste durante l’ultima edizione dell’evento MareNordEst. In tale convegno, intitolato significativamente “Relitti intelligenti”, con il sottotitolo di “Opportunità socio economiche per l’Italia derivanti dagli affondamenti volontari di vecchie navi (Scuttling)”, venerdì 13 maggio alle ore 17:20 spiccava di nuovo l’intervento dell’Ammiraglio Francesco Chionna, da due mesi in congedo e già Comandante del Comsubin, reparto d’élite della Marina Militare, sugli indubbi e cospicui vantaggi dello scuttling. Al convegno si mettevano in risalto dunque sia le potenzialità racchiuse in questa procedura sia in particolare le possibilità offerte dalla stessa città di Trieste di ospitare anche subito un parco tematico sottomarino che fungerebbe da interessante richiamo per il turismo subacqueo, con relative positive ricadute economiche per tutto il territorio. Ora, va ricordato che il gruppo del Trieste Sommersa Diving è senza alcun dubbio nel nostro Paese quello dal più antico e consolidato bagaglio di conoscenze accumulate, dato che i suoi esponenti non si sono mai limitati allo studio della realtà locale triestina bensì già da oltre 14 anni indagano lo scuttling e la sua fattibilità, essendosi recati di persona a interagire con i più avanzati riferimenti in Mediterraneo, come per esempio il “sistema Malta” che in maniera organica ha avviato e continuato a realizzare una media di oltre una decina di affondamenti controllati nel giro di 20 anni intorno all’isola, al punto da averne costituito oggi un misurabile e significativo sostegno al PIL locale. Ebbene, per tornare al convegno suddetto presso MareNordEst di quest’anno, un’altra relazione degna di nota al punto da aver sorpreso molti in platea è stata quella della project manager Nicole D’Eliso che ha descritto le modalità di accesso a risorse economiche che la Comunità Europea mette a disposizione dei vari Stati membri – anche il nostro! – tramite partecipazione a bandi per l’assegnazione di fondi destinati a progetti che abbiano al centro dell’interesse lo sviluppo ecosostenibile di territori costieri, tra cui per l’appunto progetti incentrati sullo stesso scuttling. Come dire che i soldi ci sono, o comunque si potrebbero trovare, dato che la Comunità Europea ne demanda ai singoli Stati membri la gestione: ma da noi tutto finora si impantana non essendoci normativa adeguata o perché quella che c’è induce a incorrere nel rischio di essere accomunati a volgari inquinatori se solo si immagina di affondare una nave in Italia e pur nel rispetto di tutti i crismi della miglior bonifica preventiva, della valutazione d’impatto ambientale, dello studio preliminare per l’individuazione del fondale più idoneo ecc, campi in cui saremmo tecnologicamente e scientificamente all’avanguardia. E tutto ciò mentre proprio sotto il nostro naso, a due passi dai nostri confini, altri si muovono invece con la massima disinvoltura. E’ il caso della Croazia. Infatti, per tornare ancora al suddetto convegno tematico di Trieste, ecco che un altro relatore, l’ing. Aldo Verbanac, insieme all’ing. Niven Iveša riferimenti per l’allora imminente affondamento controllato della “Vis”, un po’ impropriamente soprannominata “l’ex nave di Tito” – iniziativa che avevamo anticipato ai nostri lettori proprio pochi giorni prima – in quell’occasione dicevamo Verbanac ne descrisse le fasi con dovizia di particolari, anche invitando gli stessi organizzatori di MareNordEst a presenziare personalmente nel giorno e nel luogo previsti. Cosa che puntualmente si sarebbe in effetti verificata la settimana successiva. E in che modo?

L’affondamento del Vis
A detta di molti testimoni partecipanti all’evento – e anche semplicemente visionando il filmato pubblicato da Il Piccolo di Trieste, di cui alleghiamo qui il link per rilanciarlo, ringraziando la Redazione di avercene accordato il nulla osta – le procedure utilizzate avrebbero lasciato più di qualche dubbio sull’efficacia e correttezza dell’insieme delle manovre effettuate, a partire dalla bonifica preventiva (tacciata di una certa peraltro evidente approssimazione, basti vedere lo stato delle verniciature dell’unità navale), fino all’impiego dell’esplosivo (avrebbe provocato una detonazione che alcuni tra i presenti hanno definito “pazzesca”, forse per la quantità eccessiva? Chissà. Di fatto la nave dev’essersi praticamente sventrata, se è vero com’è vero che è sprofondata in una manciata di minuti, con una rapidità che ha messo in palese “imbarazzo” anche il personale tecnico predisposto sia a bordo sia nei dintorni…), per non dire delle perplessità sorte intorno alla comparsa di chiazze di carburante e olii fuoriusciti dallo scafo subito dopo il traumatico affondamento, o della loro trafilatura dal relitto perdurata ore anche dopo che la nave era caduta sul fondale…al punto che per alcuni giorni è rimasta pendente una denuncia da parte delle autorità nazionali preposte all’ambiente. Poi il mare sembra aver digerito tutto e, dissoltesi le perplessità, sono iniziate le immersioni di sopralluogo al relitto, quelle di lancio dell’attività subacquea turistica connessa, i programmi immediati per il suo consolidamento mostratosi subito molto redditizio… per cui – come si suol dire – tutto è bene quel che finisce bene. Abbiamo riportato questi rumors di chi era sul posto giusto solo per chiederci “cosa sarebbe mancato a noi italiani per saper fare di meglio dei vicini amici croati”? “Nulla, proprio nulla!”, vien da risponderci.
Dopo di che torniamo a noi e andiamo avanti.

Lettera aperta alla direzione de Il Piccolo di Trieste
Il capitolo immediatamente successivo sul tema scuttling è sempre l’associazione Trieste Sommersa Diving a scriverlo, dopo che su Il Piccolo di Trieste appare l’articolo dal titolo “Affondamento da applausi” riferito appunto alla Vis: il presidente del TSD Roberto Bolelli scrive allo storico quotidiano di Trieste la seguente lettera aperta di precisazioni e ulteriore segnalazione, che rilanciamo in quanto riassuntiva della situazione e segnale forse di una nuova stagione di rapporto della subacquea con i più attenti tra i grandi media, come dimostrato anche dalla penna di Pietro Spirito, autorevole firma sempre del Piccolo di Trieste:

Alla cortese attenzione del responsabile del Piccolo:
«In riferimento al vostro articolo del cosiddetto “Affondamento da Applausi” della nave Vis a Pola – recente caso di “scuttling” alias affondamento pilotato, ndr – la scrivente Associazione Trieste Sommersa Diving voleva porre alcuni quesiti al mondo istituzionale Triestino, Regionale e Nazionale.
Trieste Sommersa Diving da 14, dico 14 anni, vuole portare a compimento un progetto analogo a Trieste. I benefici, che sono evidenti e sotto gli occhi di tutti anche leggendo gli articoli apparsi in questi giorni sul vostro giornale, sono stati ancor più evidenziati in svariate occasioni, non per ultimo Trieste Next, Il Salone della Subacquea di Bologna Eudi2016 e non per ultimo Mare Nordest.
In tutti questi anni diverse sono le motivazioni che ci hanno osteggiato, ma la più importante era che in Mediterraneo ed in particolare in Adriatico questo non era possibile per una interpretazione restrittiva del concetto di “rifiuto” considerando appunto tale una nave che invece verrebbe completamente bonificata e preparata come quella che ieri è stata collocata in mare a Pola.
Tutto questo mentre in altri paesi del mediterraneo come Malta, Cipro, Spagna e adesso Croazia il turismo gode i notevolissimi benefici del caso creando posti di lavoro diretti e indiretti (alberghi, ristoranti e strutture turistiche tanto per fare qualche esempio…).
Più volte abbiamo cercato a livello Nazionale attraverso il ministero dell’Ambiente ma ancor più a livello regionale di interessare gli Assessorati di pertinenza. La risposta non è MAI ARRIVATA!
Si parla tanto di Europa, ma quello che altri paesi fanno seguendo regole e leggi non è possibile fare in Italia? Oppure esistono paesi aderenti alla Comunità Europea che sono fuorilegge? Delle due l’una: o possiamo fare tutti la stessa cosa oppure abbiamo l’ennesima dimostrazione che questa Europa è solo un problema per noi e una opportunità per gli altri.
Questo è un quesito che rivolgiamo alle nostre Istituzioni, pregando loro di prendersi la responsabilità di rispondere.» F.to: Il Presidente di Trieste Sommersa Diving Roberto Bolelli

L’articolo de Il Giornale
E arriviamo all’attuale calda estate, quella dell’amarezza. Amarezza nel constatare quanto viene fatto all’estero, mentre da noi si parla e basta: è il caso dell’AirBus A300 – l’enorme aereo da trasporto passeggeri – affondato in modalità scuttling in Turchia in pieno mar Egeo per crearci dichiaratamente un reef d’attrazione turistica. Amarezza per l’assenza quasi totale del nostro mondo politico. Amarezza nel vedere che soltanto ora i grandi media generalisti trovano interessante occuparsi più diffusamente della cosa e doversi così accontentare del classico “meglio tardi che mai”. Comunque è l’11 di luglio scorso allorché “Il Giornale”, per la precisione “Il Giornale.it”, se ne esce con un articolo talmente esplicito nel titolo da risultare esortativo all’entusiasmo: “Affondiamo quei relitti e portiamoci i turisti!” Il suo contenuto è d’altronde perfino più incisivo del titolo: dopo aver rammentato un’uscita di Devy Mantovan, presidente dell’Associazione Clodia per la ricerca e la documentazione subacquea con sede a Chioggia, secondo cui «Per un sub che ama il mare più di ogni altra cosa, visitare un relitto nascosto sui fondali è come per un credente entrare in un santuario», l’articolo riferisce che «insieme ad Assoturismo e Confesercenti Veneto, l’associazione è stata ascoltata in Senato dalle Commissioni che stanno esaminando il nuovo ddl per la rimozione e il riciclaggio dei relitti nei porti italiani». L’articolo prosegue dicendo che «a quel punto Mantovan e soci si sono fatti portavoci di una proposta “alternativa”, per ribaltare in positivo l’emergenza. “Affondiamo di proposito quelle navi ormai abbandonate per attirare il turismo subacqueo, come avviene già da anni all’estero. Sarebbe un affare anche per l’indotto delle aree interessate…”». Com’è noto da esempi di naufragi accaduti per cause di forza maggiore – naturali o in seguito a incidenti – e dunque pur con tutti i necessari distinguo del caso, è già possibile da tempo constatare gli effetti positivi di strutture metalliche sprofondate sott’acqua a quote da immersioni, vedi i casi della piattaforma Paguro al largo di Ravenna, della motonave Nicole lungo le coste marchigiane ecc. Nello stesso articolo si citano ulteriori casi più o meno recenti, anche per evidenziare i limiti insiti nella casualità dell’affondamento che, non avendo permesso di scegliere il punto, può creare contesti irraggiungibili (magari per profondità eccessive) a chi non abbia sufficiente esperienza né equipaggiamenti dedicati, col risultato che le autorità marittime competenti per zona preferiscono talvolta vietare questi siti d’immersione. In proposito viene citato il caso del relitto Evdokia II della scorsa primavera, risultato del naufragio nel 1991 di un mercantile da 100 m di lunghezza accaduto a 6 miglia al largo di Chioggia. In proposito è allo stesso Mantovan che in finale d’articolo sul Giornale è affidata questa chiosa: «È diventato meta di appassionati nonostante tutte le difficoltà che presenti raggiungerlo – racconta Mantovan -. Pensate se, invece, si portassero sui fondali dagli 8 ai 30 metri di profondità i relitti e le navi più caratteristiche, dopo averle opportunamente bonificate. La Marina Militare ha una flotta di navi storiche da smaltire, simili alla Quintino Sella che fu silurata e dal 1943 si trova spezzata in due tronconi sul fondale di fronte a Venezia, a 25 metri di profondità. Sarebbe eccezionale organizzare immersioni tra questi giganti del mare, insegnando alle persone la storia che racchiudono».

Concludendo
Insomma, hai visto mai che qualcosa si stia finalmente muovendo anche nel nostro Paese, dopo anni di distanza da ben due proposte di legge sullo scuttling datate 2010 e rimaste finora nei cassetti di chissà chi? Ci piace credere e sperare che tutti i subacquei se lo augurino. Anche perché francamente, rispetto ad anni e anni in cui non s’è visto niente di sostanzialmente rivoluzionario nella subacquea della nostra bell’Italia, lo scuttling rappresenterebbe davvero una nuova frontiera di sviluppo sostenibile per molte realtà costiere oggi escluse da questo mercato e in definitiva un rinnovato valore per tutto l’universo dell’immersione sottomarina.

1 Comment

  • Emanuele Valli
    Posted 10 Agosto 2016 15:36 0Likes

    Articolo molto interessante e allo stesso tempo frustrante, perchè purtroppo si continua a vedere che altri colgono le opportunità che noi abbiamo davanti ai nostri occhi e non “riusciamo/vogliamo” cogliere!!!
    Viviamo in un paese meraviglioso, che non avrebbe bisogno dei vari Gardaland, Mirabilandia, etc… etc… perchè il “Nostro Stivale” è un parco giochi straordinario che spazia dalla storia, alla cultura, alle bellezze naturalistiche e paesaggistiche (che tutto il mondo ci invidia) ed infatti si verificano situazioni talmente assurde dove organizzazioni straniere vengono a fare quello che potremmo fare noi.
    La domanda sorge spontanea: “Cos’altro deve succedere per farci svegliare, alzare la testa, guardare ed agire nel nostro interesse “Comune”????

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