Può apparire inconsueta la formula di proporre corsi per baby-sub in un villaggio turistico sul mare. E allora vediamo come funziona e perché sta avendo tanto successo quella organizzata presso il Nicolaus Club Fontane Bianche di Siracusa. Chissà, magari certe agenzie didattiche ci troverebbero qualcosa da imparare.
Di Romano Barluzzi. Immagini Chiara Scrigner e Lorenzo De Mari
Concepire corsi – ma preferiremmo chiamarli “esperienze di subacquaticità” – per bambini a partire dai 3 anni d’età forse al giorno d’oggi non è più del tutto una novità inedita, ma di certo resta una rarità assoluta. Dopotutto, ci sono svariate agenzie didattiche che – a partire dalla stessa Fipsas, la federazione del Coni che racchiude pure la didattica delle attività subacquee – comprendono nei loro programmi formativi, sebbene a età minime differenti, livelli diversificati di proposta educativa per mini-sub, sia in apnea sia con autorespiratore. Anche se dai 3 anni non ce ne risultano, ad eccezione forse solo di ANS-Apnea National School, tuttavia dedicata esclusivamente all’apnea.
Eppure ciò cui abbiamo assistito nel citato villaggio vacanze pare andare oltre. Anzitutto qualche numero – perché a noi adulti piacciono tanto i numeri – giusto così, per rendere l’idea: oltre 100 bambini fino a questo momento (si prevede si raggiungeranno i 150 in totale a fine stagione) “brevettati” novelli minisub; a fronte di un globale di oltre 400 “battezzati”, cioè fatti solo “provare” per saggiare il livello di spontaneità nell’adesione; età comprese tra un minimo di 3 anni e un massimo di 12. Durata del corso – inserito in una settimana, dall’accoglienza al saggio finale – 4 giornate di lezioni pratiche in piscina. Dulcis in fundo, almeno una ventina hanno poi richiesto di provare anche in mare! Richiesta puntualmente soddisfatta. Come la scelta foto di questo articolo testimonia al meglio, unitamente alla videoclip inedita che potete vedere qui sotto.
Ma il nocciolo della questione non è nei numeri che piacciono tanto agli adulti. È nel sorriso, nelle parole e nelle emozioni che i bambini esprimono – ognuno a suo modo – mentre sperimentano la novità della maschera, delle pinne, del primo respiro fatto sotto la superficie dell’acqua. La sintesi è nella qualità dell’approccio, non nella quantità. E la subacquaticità conferita è a tutto tondo: il programma comprende dal corpo libero all’apnea, fino al mini-respiratore ad aria, con tutte le attrezzature connesse.
Gli esperti di pedagogia parlerebbero di acquisizione di nuovi schemi motori, anche perché in effetti di educazione motoria di base si tratta, come imparare a andare in bicicletta, a saltare, a calciare, a correre e a nuotare; disquisirebbero di comparsa e sviluppo delle capacità coordinative; delle età correlate; della maggiore o minore idoneità delle attrezzature impiegate. Tutto vero. Noi però ricordiamo più volentieri di aver visto direttamente bimbi divertirsi a imitare i pesci. A pilotare un trattorino appesantito apposta per stare al fondo quel tanto che basta. A giocare alla caccia al tesoro per ritrovare e recuperare oggetti sott’acqua. Ad accarezzare le alghe. Già, “giocare”: la parola magica! La porta d’accesso per scoprire e capire ogni cosa, a quell’età. Quanti adulti ricordano tutto questo?
Eppure, per apprezzare ancora di più il potenziale insito in questo genere di attività, basterebbe pensare che l’adulto neofita che per la prima volta si cimenta con l’immersione si trova nella stessa identica condizione interiore del bimbo alle prese con un nuovo gioco educativo. Nessun’altra attività, nel corso della vita, espone a questo confronto con sé stesso l’adulto allo stesso modo di quanto avvenga nel bambino. Ciò significa che le tecniche di approccio all’acqua e in particolare alla subacquea da utilizzarsi nell’adulto si avvantaggiano molto dell’esperienza maturata con i bambini per l’elementare ragione che sono simili! Ma quanti operatori e istruttori d’immersione lo sanno o ci pensano?
«Più che di cose nuove si tratta di reinterpretazioni di metodiche alla luce delle conoscenze di oggi e dell’esperienza pratica di tanti anni sul mare: la base di partenza affonda le radici in una serie di corsi che il Club Sommozzatori Padova faceva già oltre 25 anni fa (i programmi baby-sub dell’istruttore Luciano Meneghini, allora primi in Europa)! Prima ancora che qualsiasi agenzia formativa o federazione si spingesse anche solo a parlare di didattica per minisub. Per il resto si tratta di adeguamenti per rendere tutta l’attività ben contestualizzata nella realtà del villaggio turistico…», parola di Emanuele Vitale, l’istruttore direttore dell’iniziativa.
In un contesto come quello del villaggio turistico incontra la sua migliore interpretazione il fenomeno in base al quale a ogni bambino felice corrispondono almeno due genitori contenti e spesso anche altri adulti di riferimento: le scene di entusiasmo collettivo cui si assiste durante il saggio finale in pubblico, i post di apprezzamento su Facebook dei giorni dopo, i ringraziamenti agli straordinari operatori dello staff – veri educatori-animatori – rendono solo una vaga idea di cosa succeda. Di che potenziale esprima l’opportunità di veicolare le attività subacquee in questo modo.
«Con questa iniziativa abbiamo perfino recuperato all’attività subacquea moltissimi genitori che magari non facevano più immersioni da anni e solo per la prospettiva di poterne rifare con i propri figli si sono riavvicinati a questo universo, con evidente soddisfazione…», raccontano praticamente all’unisono i componenti dello staff del Club Sommozzatori Siracusa, l’associazione sportiva cui si devono l’organizzazione, la promozione e lo svolgimento di questa singolare esperienza. Che speriamo incontri il seguito e la continuità che merita.
1 Comment
Fiorella Bertini
Ottimo lavoro… comunque i corsi per baby o minisub erano già tenuti negli anni 80… Io come istruttore Fipsas con altri due colleghi li tenevo esclusivamente in piscina e avevo piccoli allievi da 4 ai 12 anni… non c’era alcun brevetto ma solo un attestato di partecipazione, vietato l’uso del gav… si usavano delle piccole bombole, un erogatore, un mutino, pinne e via… nella piscina avevamo messo degli attrezzi tipo cerchi ecc in cui passavano… era obbligatoria la presenza a bordo vasca di un genitore, in costume da bagno… ma non in acqua… l’acquaticità di questi bimbi era incredibile… ovviamente questi corsi non autorizzavano a portare i bambini in acque libere con autorespiratori…