Chiariamo che ciò che in questi giorni viene spacciato per un incremento della presenza in mare di specie di squali pericolosi per l’uomo non ha alcun riscontro nella realtà! E vediamo perché. Con l’aiuto di uno studioso e ricercatore esperto.

A cura della Redazione

In questi giorni si assiste a tutto un fiorire di notizie rilanciate in maniera ossessiva da certi media – per non dire quasi tutti – riguardanti un presunto aumento della presenza di specie di squali pericolose per l’uomo. Ma tutto ciò corrisponde al vero o piuttosto la realtà è molto diversa? “La seconda che hai letto”, caro Lettore, è quella buona!

Nell’esaminare molte rassegne stampa degli ultimi giorni, sia cartacee sia web, ne avevamo avuto il sentore; del resto, l’inseguirsi e l’ingigantirsi di certe “notizie” – che poi si rivelano false o fuorvianti – non è cosa nuova in tema di squali, quando si sa che le attenzioni pubbliche sono più sensibili del solito a un argomento del genere, in quanto il periodo è quello più tipico per la balneazione, il nuoto e più in generale tutte le attività sportive e ricreative a contatto col mare.

Una delle foto qui in fondo al servizio, quella con la scritta sovrimpressa in giallo “FAKE NEWS”, estratta dal sito di “viverefano.com” (che ringraziamo), si riferisce per l’appunto a un caso di segnalazione di avvistamento di squalo davanti a Fano del 25 agosto 2018 mentre il sito suddetto scoprì trattarsi in realtà nient’altro che del rilancio di una notizia datata 6 giugno 2017…oltre un anno prima!

Però noi, mai contenti, abbiamo cercato anche il conforto del parere di un esperto biologo marino, il dr. Francesco Tiralongo, ricercatore e studioso, esponente di “Ente fauna marina mediterranea”, noto anche per aver demistificato già diversi luoghi comuni in merito. Il quale ci ha subito confermato che l’idea di “allarme squali” che viene di frequente accreditata dai media presso l’opinione pubblica non ha alcun fondamento e anzi distrae da una realtà ben diversa da quella che vorrebbe far temere: cioè, a trovarsi in serio pericolo semmai sono proprio loro, gli squali!

«Le popolazioni delle almeno 47 specie di squali presenti – ancora – nel Mediterraneo continuano, quale più quale meno, a ridursi complessivamente, in particolare dagli ultimi 10 anni a questa parte. Alcune – certo, non tutte, per fortuna – sono andate incontro a un depauperamento addirittura del 90%: un valore da “collasso” di specie. Ma, in sostanza, i dati consentono di stimare senza ombra di dubbio che nella media si continui ad assistere a un andamento nettamente al ribasso per le popolazioni di squali…», sostiene subito il Dr. Tiralongo.

Dunque, “allarme squali” si, ma a discapito loro! Non certo per noi umani.

Come si spiega allora questo palese contrasto tra la realtà e come viene presentata dai mezzi d’informazione? Perché per molti – per troppi – non è altrettanto evidente come dovrebbe? Semplice: si tratta di meccanismi di “click bait”, letteralmente “esche per i click”, insomma “acchiappa like”! Perché parlare di squali coltivandone artatamente quell’atavico senso di paura che generano “fa più notizia” che informare correttamente sulla reale situazione di rischio di scomparsa per molte loro specie. Mentre poi, come si dice in ambiente giornalistico, “la smentita o rettifica non fa mai notizia”, o almeno non altrettanto.

Infatti, «ciò che è aumentato – aggiunge il dr. Tiralongo – è in realtà la documentazione iconografica che accompagna le notizie: un avvistamento oggi può facilmente essere oggetto di foto e video già lì sul posto, mentre sta accadendo, basta uno smartphone; immagini che subito vengono rilanciate sui social, dai quali la loro visibilità si propaga in maniera virale e con una rapidità esponenziale, inimmaginabile anche solo pochi anni fa.»

Il risultato ultimo di questo meccanismo è un aumento vertiginoso in condivisioni d’immagini inerenti magari il medesimo, singolo episodio, al punto che la sua percezione presso il grande pubblico diventa esagerata o quella che si avrebbe da più episodi diversi concomitanti. Insomma viene a costruirsi una visione ingigantita e un alterato senso degli accadimenti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, che comunque risulta fuorviante rispetto alla vera realtà dei fatti.

Dopodiché sarà quasi irrilevante che quella testata, all’interno del corpo dell’articolo, chiarisca come si sono svolti i fatti realmente: sarà bastato un titolo e una foto a effetto in apertura per rilanciare quello che sostanzialmente resta un equivoco…cercato!

Va anche aggiunto e sottolineato che questi meccanismi – purtroppo assai praticati nella comunicazione di oggi – riescono così bene a soddisfare gli intenti di chi li lancia e se ne serve perché trovano fertile terreno nella sempre più profonda analfabetizzazione scientifica della popolazione, cioè quella diffusa ignoranza sulle questioni anche più basiche circa le scienze naturali, specialmente quelle della vita; insieme a una pari indifferenza – purtroppo anche istituzionale – verso la divulgazione scientifica. E come sintetizza il dr. Tiralongo «già sul mare si sa ancora pochissimo, in più quel poco viene distorto da un’informazione che fa leva su aspetti emotivi per ragioni di “share”, senza curarsi dell’esattezza delle informazioni veicolate; se poi tutto questo si riversa su un pubblico già di per sé troppo poco avvezzo agli argomenti scientifici, ecco che il danno finale in termini di disinformazione si compie con estrema facilità!» Ed è molto difficile porvi rimedio a cose fatte, aggiungiamo noi.

Inoltre c’è anche da considerare che già certi argomenti vengono esagerati in partenza, a prescindere, facendo intendere che siano frutto di una straordinarietà anche nei casi in cui quegli eventi sono invece normali a verificarsi: per esempio, la presenza in mare di certe specie pericolose per l’uomo non è affatto anomala come si fa credere, «ben lo sanno i pescatori – conclude Tiralongo – per i quali l’incontro con squali come il mako (Isurus oxyrinchus)

o la verdesca (Prionace glauca) allamati o imbrigliati in attrezzi da pesca durante episodi di “bycatch” – catture accidentali – è da sempre più comune di quanto si possa immaginare. Idem dicasi perfino per lo squalo bianco (Carcharodon carcharias) di cui si sa che il Mediterraneo è addirittura un’area geografica di nursery per la specie».

Insomma nel mare c’è il pesce – dopotutto è la sua dimora, non la nostra, anche se troppo spesso ci dimentichiamo proprio di questa nostra condizione di “ospiti in casa altrui”! – ed esiste sempre la possibilità di qualsiasi incontro, senza che ciò significhi affatto subirne una più alta probabilità né tantomeno una maggior pericolosità, di cui infatti in questo periodo non c’è riscontro.

Morale della favola: siate attenti e critici verso ciò che leggete, guardate o ascoltate! E cercate piuttosto d’informarvi meglio che potete, prima di mettere like o condivisioni compulsivamente e a sproposito, ricordando che le trasmissioni tv impostate a talkshow – e ormai lo sono anche molti telegiornali e le stesse web-tv – non divulgano informazioni bensì (nel migliore dei casi) intrattenimento fine a sé stesso.

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