Un giro in giro tutto per voi nei fondali di Tenerife, isola dell’arcipelago delle Canarie. Non fermatevi alle foto degli amici: questo è un luogo dove le rocce e il vento vi narrano del centro della Terra. Un posto che dovete respirare almeno una volta nella vita. Per tornarci.

A cura di Emanuele Vitale photographer.

E pensare che un vero e proprio motivo per andare alle isole Canarie non lo sentivo.

Dopotutto avevo già visitato qualche anno addietro Capo Verde e non ne ero rimasto poi così particolarmente entusiasta. Inoltre vengo da un’isola anch’io (la “mia” Sicilia) con mare cristallino e temperature abbastanza calde, quindi non sono particolarmente incline a subire l’attrazione del viaggio “esotico-tropicale”. A meno che… non comporti reali quanto cospicue possibilità di sorprese!

E ora che mi accingo a scriverne come reportage – ora che tutto è già accaduto, si è svolto e compiuto, è diventato oggetto di ricordo e d’un pizzico di nostalgia – mi rendo conto invece d’aver perfino dovuto attendere qualche giorno per metabolizzare questa incredibile esperienza. Così da poterne rivisitare i momenti più consapevolmente.

Ebbene sì: l’isola di Tenerife e i suoi fondali mi hanno letteralmente stregato.

A cominciare da quelle formazioni basaltiche così particolari, come colonne erette e poi spezzate da una forza sovrannaturale, che hanno creato uno tra i più suggestivi paesaggi sommersi che si possano visitare tra mari e oceani di tutto il mondo.

Ecco uno dei perché, quando mi è stato proposto di andare a Tenerife per un progetto di promozione delle immersioni subacquee organizzato dall’Ente del Turismo dell’isola e da Arona SOS Atlántico, ho accettato con entusiasmo: avendo visto molte foto di amici fotografi sui fondali canarini la curiosità di visitare di persona un sito subacqueo così particolare mi ha attirato irresistibilmente, lasciandomi immaginare la possibilità di soddisfare molte curiosità e di riservarmi altrettante sorprese.

Ma la cosa che più poi m’ha stupito ed emozionato è che…trovarcisi dal vivo è differente! Proprio di questo vorrei rilanciarvi il senso da queste poche righe; del perché si tratti di luoghi che vanno respirati, annusati, sfiorati, ascoltati prima ancora che guardati, fotografati e filmati. Del come ci si senta nell’Oceano, ovvero in balia di un elemento dove ogni istante può riservare una sorpresa, ogni incontro è possibile e vivi sempre costantemente quella sensazione poco descrivibile per cui mentre stai osservando una cosa e vorresti cercarne un’altra, te ne trovi di fronte un’altra ancora!

Ma cosa sono i “basalti colonnari” e perché si chiamano proprio così?

Il basalto non è altro che il risultato della solidificazione del magma vulcanico, quello che comunemente viene chiamato “lava” quando è ancora allo stato incandescente e più o meno fluido. Il processo di raffreddamento e conseguente solidificazione porta alla formazione di fratture estensive, cioè ad estensione orizzontale, per via delle forze che entrano in gioco con la contrazione del materiale nei punti di giuntura tra le porzioni che s’induriscono prima rispetto a quelle ancora parzialmente fluide.

In base alla velocità di questo processo di raffreddamento, che differisce tra le estensioni longitudinali dei basalti rispetto alle trasversali, si formano i diametri delle fratture estensive che conferiscono la tipica forma colonnare. Fatte le dovute differenze, è un po’ come per la formazione delle croste superficiali fessurate e a bordi rialzati nei terreni argillosi quando si essiccano al sole, o come per l’accrescimento dei cristalli. La geometria dei basalti colonnari appare talvolta così perfettamente simmetrica – quadrangolare, pentagonale, esagonale e perfino ottagonale – da far sospettare l’intervento dell’opera umana!

Di basalti colonnari ne esistono già in diverse zone del mondo: tra i più noti vi sono il Selciato del Gigante in Irlanda del Nord; la scogliera di Vogurviti, in Islanda, a nord di Blonduös; e perfino nel nostro Paese, nei paraggi dell’Etna, cioè alle Gole dell’Alcantara, fra Messina e Catania; nei Colli Berici in Veneto; e in Sardegna, nel centro urbano di Guspini, dove hanno assunto una forma più sul tipo delle canne di un organo. Ma non c’è dubbio che quelle subacquee alle isole Canarie siano tra le più affascinanti, forse proprio grazie all’ambientazione oceanica sommersa, per il fatto che rappresentano il risultato delle emissioni di magma… risalito dal nucleo del nostro pianeta fino a rompere la crosta terrestre. Minerali dei primordi dal centro della Terra lavorati dalla mano della natura con un’impronta simil-umana. Effettivamente, già al solo guardarle sott’acqua, non si può evitare che la mente corra con l’immaginazione al mito di Atlantide! E il loro avvistamento subacqueo, specie all’inizio di ogni nuovo incontro, è sempre letteralmente mozzafiato.

Fin dalle prime immersioni m’ero reso conto che il fondale ha caratteristiche introvabili altrove. Così, da un fondo sabbioso all’improvviso sbucano queste formazioni d’origine basaltica che sembrano manufatti antropici, con delle stele ben definite di forma esagonale nettamente distinte le une dalle altre. Alcune più piccole alcune più grandi, certe meno definite altre maestose, comunque presenti su quasi tutte le immersioni che sono state fatte. Una in particolare, “La Catedral”, un nome un programma, è davvero maestosa. Partendo da un fondale di 40 metri si eleva fino ad arrivare a circa 15 metri dalla superficie, dando l’impressione di trovarci veramente davanti a un’austera cattedrale con tutte le sue colonne che sbucano dall’insieme dando un effetto veramente unico.
All’improvviso ti trovi una “simile” colonna – si, proprio così, sembra una colonna greca poggiata sul fondo, sarà lunga 20 metri – e invece di manufatto umano non ha niente. Un sito veramente particolare che rende unica questa immersione, sebbene le altre non siano da meno.

Dal punto d vista degli organismi viventi incontrati ce n’è una rassegna vastissima. Per citare solo qualche esempio, è diffusa e abbondante la presenza di pesci trombetta, naturalmente “dopati” rispetto ai nostri sia per dimensioni sia per colori. Ci sono enormi banchi di “salpe Oceaniche”, anch’esse proporzionate per forma e taglia. Trigoni maestosi, nonché bellissime tartarughe, contraddistinguono per quantità e stanzialità in maniera così marcata altrettante zone d’immersione da farle indicare con soprannomi basati sulle rispettive presenze, così che avremo l’immersione “dei trigoni”, quella “delle tartarughe” ecc. Austeri e nervosi carangidi sembrano materializzarsi all’improvviso dal nulla. Frequente l’incontro subacqueo con i delfini, anzi diciamo pure che può accadere praticamente sempre, specie in un sito particolare per la presenza nei paraggi di vasche di allevamento ittico.

La temperatura media delle acque – costante tutto l’anno intorno ai 24°/25°C – e la loro trasparenza non presentano differenze particolarmente marcate rispetto ai nostri mari meridionali, così come non si riscontrano difficoltà o pericoli ambientali di particolare rilievo rispetto a quanto avvenga in Mediterraneo. La profondità media delle immersioni per motivi di maggior interesse naturalistico si può collocare tra i – 15 e i – 40 metri.

Il clima sulle isole è sempre gradevole, più umido a nord con paesaggio anche verdeggiante mentre andando verso sud è più secco, accompagnandosi a un territorio prevalentemente desertico, dove il vento non manca mai. La temperatura esterna si aggira attorno ai 24°C in inverno per poi salire in estate.

Ma veniamo a coloro che ho piacere di ringraziare, anzitutto in virtù della squisita ospitalità: Raquel Ceca Hernández Coordinadora de Turismo Deportivo y de Aventura, Sports and Adventures Tourism coordinator, per l’assistenza e il coordinamento di tutto il gruppo.
Sergio Hanquet, per la splendida e puntuale organizzazione di questa settimana e i relativi diving
che ci hanno accompagnato affinché tutto si svolgesse in modo sicuro, encomiabile e ricco di visioni che conserveremo nel cuore.
Ai miei compagni di viaggio Miguel Alvarez Garcia, Enrique Talledo, Claudia Weber-Gebert,
Olivier Clot-Faybesse, Laurent Ouillet…perché spero di rincontrarvi!

Coloro ai quali vi consiglio di appoggiarvi:

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Mónica Renedo Robleda
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