L’arte del respiro trattenuto sott’acqua può essere allenante per molte altre discipline sportive, anche al livello delle massime prestazioni agonistiche. E perfino in sport che con l’elemento liquido sembrano entrarci poco o nulla. C’è un “perché”?
A cura di Romano Barluzzi. Collaborazione: Iris Rocca. Foto: Y-40® e AA.VV. in didascalie. La foto sub b/n in mare: Emanuele Vitale
Nel leggendario libro “Homo Delphinus”, scritto dall’indimenticabile Jacques Mayol, si poteva trovare – se non altro nella sua prima edizione, all’interno di uno dei capitoli che tracciavano una storia dell’apnea dalle origini ai giorni nostri (almeno nell’esperienza dell’autore-personaggio) – la riproduzione di una stampa d’epoca risalente al medioevo giapponese.
Essa ritraeva lo spaccato di un enorme otre ricolmo d’acqua, qualcosa di simile ai dolia degli antichi romani, talmente grosso che al suo interno era raffigurato un samurai completamente sommerso, intento a brandeggiare sott’acqua la sua spada (katana). Un guerriero maestro del “Bushido” – la “via della spada”, nella spirituale accezione Zen di quel mondo – che si sta allenando al combattimento mantenendosi sott’acqua, collegato alla superficie da un semplice tubo di bambù (il nostro snorkel), giusto per non esser costretto a riemergere ogni volta che avesse dovuto respirare.
Oggi, dopo diversi anni di esperienze in sordina da parte di sempre più numerosi istruttori e allenatori, dopo il diffondersi di pratiche come il Watszu, il maternage in acqua e perfino il Tai chi ed elementi di Yoga o Training Autogeno con esecuzioni immersi completamente o in parte nell’elemento liquido, si fa sempre più strada l’ipotesi che quell’antica stampa fosse la prima testimonianza dell’equivalente di un vero e proprio “allenamento all’apnea finalizzato a un’altra attività…sportiva”!
Che certo sportiva e agonistica lo è diventata dopo, essendo all’epoca votata al duello.
Ma guarda caso tra i primi maggiori successi ottenuti in questa tipologia di “cross-training” (passateci il termine) tra l’apnea in immersione e svariati sport ce ne sono molti che possono essere ritenuti un retaggio di lontane tecniche di combattimento militare.
In primis, gli sport connessi alle arti marziali. Ma la piacevole sorpresa si estende ormai anche alla scherma moderna!
Facciamo qualche esempio? Bene, eccoli.
«Un bell’esempio di atleta che ci frequenta con assiduità – ci dicono a Y-40, impianto che presenta caratteristiche dell’acqua praticamente ideali per queste tecniche…come vedremo meglio più avanti – è Sara Cardin, campionessa del mondo di karate, che sta preparando qui la respirazione in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020 che per la prima volta vedranno anche il karate protagonista. Si allena con Mike Maric.»
E veniamo alla scherma.
«Circa un anno fa – continuano a Y-40 – venne lanciata la fotonotizia “Giornata di allenamento a Y-40® The Deep Joy, per i numeri uno della scherma italiana che sono scesi nella piscina più profonda del mondo per una lezione decisamente atipica.” E cioè Arianna Errigo (Frascati Scherma), Argento individuale e oro a squadre nel fioretto ai Giochi Olimpici di Londra 2012, campionessa del mondo 2013 e 2014 nella specialità fioretto; Daniele Garozzo (Frascati Scherma), Oro nel fioretto maschile ai giochi Olimpici di Rio 2016; Mara Navarria (Centro Sportivo Esercito), Migliore atleta del ranking della spada nel 2018; Luca Simoncelli, Maestro e atleta campione del mondo, si immersero nelle profonde acque termali di Montegrotto sotto la guida degli istruttori di Apnea Academy Alessandro Vergendo e Rosarita Gagliardi, in alcune lezioni di respirazione e compensazione dentro e fuori dall’acqua, nonché di allenamento e controllo mentale.
L’obiettivo era quello di dare risposte concrete e a supporto dei metodi di allenamento attraverso discipline completamente diverse; peraltro l’attività faceva anche parte del progetto intrapreso da DAN Europe dal titolo “Ski Scuba Space” di ricerca scientifica e tecnologica per sondare il comportamento del corpo umano in ambienti cosiddetti “estremi” come quello appunto della piscina iscritta nel Guinness World Record a Montegrotto Terme.
Ebbene, a un mese di distanza, tutti e tre i campioni hanno conquistato altre medaglie ai mondiali e proprio Mara Navarria, che da anni allena qui la respirazione con Alessandro Vergendo, è diventata Campionessa del mondo di spada!»
Ma la descrizione dei casi celebri da parte di Y-40 è appena iniziata e così continua: «Come lei – la campionessa di spada – anche il campione europeo di nuoto a stile libero Luca Dotto, che quando è in zona viene ad allenarsi qui in apnea. Ha toccato i – 42.15 metri a dicembre e il mese scorso ha conquistato la medaglia d’argento nella staffetta maschile agli europei di Glasgow.
Filippo Magnini, sempre per il nuoto, si è immerso in Y-40 con Mike Maric, fino ai – 30 m.
Rossano Galtarossa, 4 volte campione olimpico di canottaggio, ha fatto invece una lezione privata con Umberto Pelizzari»
Si potrebbe disquisire a lungo dei perché e per come già nei casi di similitudini e affinità evidenti tra sport, apnea e acqua, se si pensa ad accostamenti ideali tra discipline dell’apnea subacquea, come il tiro al bersaglio sub, e il tiro con l’arco. O, ancor meglio, nel caso dell’apnea lineare orizzontale rispetto al nuoto pinnato. Così come nei casi già sopra citati di atleti del nuoto di superficie. Per non dire del caso della campionessa di nuoto sincronizzato, la giovanissima Lucrezia DeMari, gareggiante con la società Plebiscito Padova, che ha ottenuto i suoi migliori piazzamenti negli ultimi due anni, dopo che frequentò un corso intensivo di apnea verticale in mare (in seguito al quale è già diventata anche una delle migliori modelle nel campo della fotografia subacquea). In fondo, sono tutti sport con in comune l’elemento liquido.
Ma il punto è che la cosa investe anche la sfera di sport apparentemente privi di qualsiasi reciproca parentela con l’acqua e in questi casi tutto si fa meno scontato, più misterioso.
«Eppure abbiamo avuto il caso di due membri della nazionale spagnola di sci che, insieme a tutta la squadra, si sono preparati qui per qualche giorno un paio di mesi prima delle Olimpiadi invernali 2018 (sempre con Alessandro Vergendo) – proseguono ancora da Y-40 –. E la cosa è tra l’altro nota da tempo, tanto che anche alcuni campioni del passato – sempre di sport non acquatici – si sono cimentati in una lezione di apnea nella nostra piscina: il caso più eclatante è forse quello di Igor Cassina, campione olimpico di ginnastica artistica (alla sbarra), con Mike Maric.
Ed ecco un altro caso di questo genere: una sessione di apnea, un mix tra team building e primi approcci con la respirazione è stato fatto di recente sia dal Petrarca Rugby (squadra che 10 giorni dopo ha conquistato lo scudetto!), sia di poco successivamente dall’under 18 degli Ospreys Rugby. In questi due casi la lezione è stata coordinata da Marco Mardollo con gli istruttori di Y-40.»
E che dire della squadra nazionale italiana di salto con l’asta FIDAL, durante il periodo di allenamento al Palaindoor di Padova, in cui i saltatori con l’asta azzurri Matteo Capello, Max Mandusic, Andrea Marin, Alessandro Sinno, nonché le atlete Roberta Bruni e Rebecca De Martin, sono stati in visita a Y-40, per immergervisi … con l’asta e tutto! Ed è impressionante leggere la trascrizione di quanto raccontano nei dettagli a proposito delle sensazioni provate nel ripercorrere in apnea subacquea tutte le fasi del salto in alto … opportunamente rallentato per arrivare con l’asta di 5 m a “saltare” il celebre tunnel sommerso a centro vasca.
Dunque, per provare a capacitarsi del fenomeno se non proprio a trovarne “la” spiegazione, bisogna probabilmente astrarsi del tutto dall’idea di similitudini evidenti; e spingersi a immaginare oltre.
Allora si finisce per intuire – immaginare, forse – che le motivazioni si annidano in un mix virtuoso di corporeità in acqua, percezioni cinestesiche, movimento lento, contatto con il mezzo liquido, stato del respiro (e/o del respiro sospeso). Aggiungi un pizzico di coordinamento oculo-manuale-posturale. Dosi generose di rilassamento e concentrazione. Metti che entri in gioco anche un meccanismo di visualizzazione rallentata o variata di ritmo di schemi psicomotori nuovi. E una conseguente nuova autoconsapevolezza. Immagina come ciò possa incidere nell’allenare la rapidità con cui passi da focus attentivi interni ristretti a quelli esterni ampliati e viceversa (cosa che ti serve di certo negli sport di combattimento, ma anche in molti altri) … e il gioco è fatto!
Va anche detto che molto dipende dalle qualità di quest’acqua, che si presentano ideali, anzitutto per la temperatura, prossima a quella corporea umana e uniforme su tutta la colonna liquida: altrimenti l’acqua fredda e anche il rimedio offerto da protezioni isotermiche altererebbero le percezioni restituite dallo scorrimento del fluido sulla cute, modificando il tono muscolare basale e confondendo la lettura che l’organismo fa del movimento rallentato e della posizione delle parti di sé rispetto allo spazio circostante. Inoltre, trattasi di acqua propriamente termale, cioè di particolare composizione chimico-fisica: un’acqua che non si esita a definire “viva” e di cui si può facilmente riscontrare il potere rilassante, ma mai stancante, nemmeno dopo ore di “ammollo”!
«La cosa curiosa – conclude lo stesso direttore tecnico di Y-40 Marco Mardollo – è che, mentre dall’esterno si potrebbe pensare a chissà quali ritrovati o segreti addestrativi (e ne abbiamo anche di soluzioni personalizzate per i casi più elaborati), in realtà di solito si somministra un semplicissimo corso base di apnea, o perfino i suoi soli preliminari legati al controllo del respiro, come lo faremmo a chiunque. Lo si fa specie nei neofiti dell’immersione in apnea e negli atleti il cui sport non pare aver nulla a che vedere con l’acqua; ebbene, è proprio con loro che si ottengono i risultati più sorprendenti!»
In ogni caso, ciò che avviene riguardo al potere allenante dell’immersione in apnea – specie in Y-40 – anche verso altri sport, se non è propriamente “magia”, talvolta sembra assomigliare tanto a qualcosa di prodigioso nei risultati. Infatti vien semmai da chiamarla “magia dell’acqua”. O “therapie douce”, per dirla alla francese. E non c’è trucco né inganno: tutto accade davvero.
Come recita un passaggio dal racconto di Eugen Herrigel dal titolo “Lo Zen e il tiro con l’arco”: «Mentre si trattiene il respiro avviene tutto ciò che è giusto».