Esplorazioni naturalistiche, ricostruzioni storiche, indagini scientifiche e molto altro. Tutto ciò che dà senso alle attività subacquee d’eccellenza – quelle che più fanno sognare – si trova a MareNordest. Il 14, 15 e 16 giugno, a Trieste.
A cura della Redazione
Delle innumerevoli occasioni di ascolto, osservazione e incontri con illustri relatori su praticamente tutte le materie che più possono interessare il pubblico degli appassionati subacquei – e non solo loro – abbiamo pensato di tratteggiare qui una sintetica carrellata di esempi. Di certo incompleta, ma significativa dell’insieme della manifestazione triestina giunta alla sua 13^ edizione, unitamente alla 3^ edizione della Rassegna Internazionale Subacquea e alla presenza dell’AISTS Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee, con i suoi Tridenti d’Oro di ieri e di oggi.
I quattro esempi che ci sono venuti in mente sono: il relitto dell’Andrea Doria, il sottomarino Alvin, il piroscafo Conte Rosso e il relitto del sottomarino Sciré abbinato alla vicenda dell’Impresa di Alessandria d’Egitto.
Il primo esempio che ci viene di fare è quello di Andrea Alpini, Italia, Esploratore (sua la Conferenza “Uno sguardo sotto il nostro mare”).
La trattazione di Andrea Alpini – egli stesso neo-assegnatario del Tridente d’Oro 2024 dell’Accademia AISTS – riguarderà soprattutto la sua spedizione subacquea (sua e del suo dream-team) sul relitto dell’ANDREA DORIA. Un nome e un’impresa che sono tutto un programma per un genere di missione esplorativa subacquea e di storia contemporanea dal fascino assoluto, di cui ci siamo occupati proprio su queste pagine virtuali, che potete rileggere in tutti e quattro i nostri articoli sul tema tramite questo link alla cronaca: https://www.serialdiver.com/ita/sul-fondo-in-compagnia-dellandrea-doria/
Sogneremo a occhi aperti con Donato Giovannelli nell’evento dedicato al “sottomarino Alvin” per le esplorazioni dei fondali oceanici. Alvin è stato uno dei primi sottomarini al mondo – probabilmente sulla scia generata dal successo del batiscafo Trieste – a essere commissionato e varato già nel 1964 non solo per raggiungere le profondità oceaniche bensì per svolgervi attività di ricerca scientifica. Ancora oggi fa parte del ristrettissimo club di quei battelli con caratteristiche simili, elencabili sulle dita di una mano, capaci di spingersi a operare su fondali oltre i 5mila metri, nel suo caso fino ai 6.500 (nell’ultima versione). Il che gli permette di poter realizzare esplorazioni su oltre il 98% degli abissi marini. Nel tempo è stato oggetto di un continuo programma di revisioni e aggiornamenti, il più recente e radicale dei quali è durato 10 anni, fino al 2021, e lo ha messo in grado di svolgere un incredibile quantità di operazioni, con tempi di fondo più lunghi (superiori alle 10 ore!), maggiori prestazioni in termini di velocità, manovrabilità, portata, visibilità e possibilità di eseguire un intero mese di missioni consecutive prima di dover fare un solo giorno di manutenzione programmata. La sfera che fa da abitacolo può portare fino a 3 ricercatori – ma di solito sono 2 – a operare in fondo all’oceano. Tutto questo ne fa ancora oggi con ogni probabilità la macchina subacquea con personale imbarcato più sicura, affidabile, prestazionale e versatile al mondo. Una macchina che ha già consentito di realizzare scoperte incredibili, la più celebre delle quali fu definita anche la più importante del secolo (scorso) nella biologia marina: un intero ecosistema di forme di vita prima sconosciute, nel buio più totale, a 2mila metri di profondità, intorno alle “black-smoke” – le bollenti fumarole nere d’origine vulcanica negli abissi della dorsale transoceanica – in cui la fotosintesi clorofilliana è sostituita da una chemiosintesi che utilizza il calore e gli archeobatteri intorno alle emissioni vulcaniche idrotermali anziché la luce del sole, per sostenere tutta una catena trofica e alimentare autonoma! Come trovarsi su un altro pianeta vivente, letteralmente. Se questo non è sognare…
La vicenda del piroscafo “Conte Rosso” di Marco Montagnani rappresenta una pagina tutt’oggi dolorosa e in parte oscura della storia navale italiana, quella che si dice “una ferita ancora aperta” nella memoria collettiva: vi perirono metà delle persone a bordo, 1297 vittime per l’esattezza (la maggior parte militari italiani dato che il bastimento era stato adibito a trasporto truppe verso la Libia), il 24 maggio del 1941, a largo di Capo Murro di Porco, nel Siracusano, quella che in costa corrisponde all’attuale zona dell’Area Marina Protetta del Plemmirio.
Del “Conte Rosso” si conosce con buona approssimazione il punto di affondamento in superficie, ma è ancor oggi ignota la localizzazione del suo relitto sul fondo del mare…che può non corrispondere al punto del siluramento subìto dal sommergibile inglese che lo colpì, in quanto la profondità in quell’area è ben superiore ai 1000 metri. Tuttavia in più momenti si è fantasticato di svolgere una spedizione di ricerca sistematica in profondità che, con le tecnologie di oggi, forse avrebbe probabilità elevate di dare buoni frutti. Anche se, date le quote abissali a cui dovrebbe svolgersi, continua a costituire un’altra impresa degna d’un film.
Ma se davvero diventasse praticabile e avesse successo? In questo caso permetterebbe di creare un sacrario alla memoria, rendendo meglio omaggio e onori a tutti quei caduti che da quella nave non ebbero nemmeno il tempo di saltare fuori bordo: affondò di prua in soli 10 minuti, trascinandoli per sempre con sé.
“L’Impresa di Alessandria d’Egitto” con Ugo Gerini, Arianna Somma e Giulio Marceglia è poi strettamente interconnessa all’epopea del sommergibile Sciré: costituiscono le due interfacce della medesima pagina di storia navale militare del nostro Paese…in particolare per la subacquea. Dato che fu proprio il sommergibile Sciré a trasportare fin nei paraggi della zona operativa i sei uomini d’equipaggio e i loro tre SLC Siluri a lenta corsa biposto – i celebri “maiali” – con cui riuscirono in una sola notte a far subire alla flotta inglese in porto più danni d’una battaglia persa in mare aperto. Un’impresa leggendaria, passata alla storia per l’ardimento e l’ingegno dimostrati da quegli operatori subacquei, gli incursori di allora. Considerando l’epoca – era la fine del 1941 – si tratta d’una storia vera degna della miglior fantasia di un film di 007 di oggi! Ma il sommergibile Scirè a sua volta da ormai molti anni non cessa di far riparlare di sé anche autonomamente, grazie soprattutto allo straordinario e meticoloso lavoro d’indagine, documentazione e ricostruzione storica svolto con assiduità da Fabio Ruberti – nome cui non necessitano presentazioni tra i sub – e dal suo team IANTD in seguito alle spedizioni sul relitto. A Mare Nordest odierno egli presenterà il naturale e ideale avanzamento dei lavori storiografici intorno al sottomarino italiano e ciò a cui hanno dato vita: il “Progetto di tutela del relitto del sommergibile Scirè“, insieme a Francesco Chionna, altro nome che non abbisognerebbe di presentazioni se non per ricordare – data la riservatezza del suo rango – che ha ricoperto il ruolo di comandante del raggruppamento subacquei e incursori “ComSubIn”. E si tratta di altri due Tridenti d’Oro dell’Accademia AISTS!
In allegato a questo articolo potete trovare l’intero programma del festival Mare Nordest 2024 in PDF consultabile e scaricabile, così come nel sito stesso della manifestazione al www.marenordest.it , ora completo di orari e date in cui individuare sia gli eventi elencati sopra sia tutti gli innumerevoli altri.
(La foto di apertura del servizio è di Underwater Vehicles – Woods Hole Oceanographic Institution, istituzione statunitense che attualmente ha la titolarità sul sottomarino da ricerca Alvin.)