Di Dei, d’uomini e di navi. Attraverso la perlustrazione di un relitto speciale con un tuffo indimenticabile, tra la mitologia e la storia. Nella splendida cornice di Ischia, dove osa ancora il Miseno.
A cura di Marco Mori.
«Così nell’Eneide Virgilio descrive la morte di Miseno che con il suo fiato e la sua tromba osò sfidare il corno del figlio di Poseidone e per questo affronto venne punito. Infatti Tritone con le sue possenti braccia lo afferrò e lo trascinò giù negli abissi fino a farlo affogare e il suo corpo venne così ritrovato esanime sulla battigia.
Dopo la solenne cerimonia funebre Enea, il più grande amico di Miseno, eresse un vero e proprio monte sul quale ripose le armi, il remo e la tromba che una volta appartenevano all’amico Miseno. Sorgeva quindi il meraviglioso e spettacolare promontorio di Miseno, a picco sul mare e collocato nella punta estrema del litorale flegreo. L’altura offre un panorama mozzafiato sullo spettacolare golfo di Napoli.
Punizione o maledizione che ha travolto e colpito, in tempi decisamente più vicini a noi, anche il rimorchiatore armato Miseno? Forse il corno di Tritone non ha volutamente placato la tempesta di quel 26 novembre del 1982?
La mattina del 26 novembre del 1982 il Miseno salpa, per l’ultimo suo viaggio, dal porto dell’arsenale della Maddalena in direzione del porto di Napoli. Il mare è calmo e la giornata viene intiepidita da un timido sole,
ma in poco meno di 4 ore il mare da calmo si trasforma via via in una furia tempestosa e a mezzogiorno, giunto a largo di Ischia, il rimorchiatore Miseno, in balia delle onde, comincia a imbarcare acqua. Di lì a poco il capitano ordina l’abbandono della nave. Fortunatamente tutto l’equipaggio viene portato in salvo. Ma il Miseno inesorabilmente viene ingoiato dalle onde per sparire nel blu.
Sono passati poco più di 30 anni e ora il rimorchiatore Miseno giace in assetto di navigazione su di un fondale duro alla profondità di 70 metri.
Ci siamo! Dopo circa un’ora di navigazione dal porticciolo di Bacoli siamo davanti alla magnifica isola di Ischia. L’ecoscandaglio ci mostra il profilo ben definito del relitto; ancora un’ultima “passata” e siamo pronti per lanciare il pedagno volante! 1, 2, 3… go!
La giornata è splendida, il mare è incredibilmente calmo, nessuna corrente in superficie, proprio le condizioni ottimali per un’immersione. Con Paola e Bruno scendiamo – scooter alla mano – lungo la cima e incredibilmente già dalla profondità di 30 metri s’intravede la sagoma del relitto…uno spettacolo di pura magia!
Ora siamo sul fondo, il profondimetro segna 71 metri, siamo davanti alla prua, alziamo lo sguardo e si vedono i raggi del sole su poco più di 25 metri di nave in assetto di navigazione. La nave è in un perfetto stato di conservazione. Ingordi e curiosi cerchiamo ogni particolare e ammiriamo la vista d’insieme della nave. Stupore e meraviglia quando girando verso poppa leggiamo ancora benissimo il suo nome: “MISENO”!
Siamo giunti a 40 minuti di fondo, è il momento di salutare la nave… ci attendono una risalita di 100 minuti e una “deco” in libera.
Grazie a dove si è appoggiato, il Miseno svetta orgoglioso come se fosse ancora in navigazione ad affrontare le onde e la tempesta, come a sfidare per un’ultima volta Tritone…»
Il Miseno era un rimorchiatore della Marina Militare Italiana (ex S.T. 795)
Costruito e varato nel 1943.
Acquistato dalla Marina Italiana nel 1948
Affondato nei pressi di Ischia – appunto – il 26 novembre 1982.
Era equipaggiato con 2 mitragliere da 20 mm (rimosse alla fine della seconda guerra mondiale).
A questo punto in SerialDiver ci è venuto spontaneo rivolgere all’autore Marco Mori la domanda su come gli sia emerso dentro il desiderio di scrivere un racconto così particolare di questa sua immersione nella storia e nella mitologia e lui ci ha risposto così: «Ho trovato curioso il nome che è stato dato alla nave, mi ha colpito che si trattasse di un personaggio mitologico affogato…così sono andato a trovarlo e a fotografarlo, per accompagnare con le immagini le parole con cui mi sono sentito subito spinto a scriverne!» (Marco Mori Photography)
Un “grazie” davvero speciale a Bruno Schisa e Antonio Lettini dell’Associazione Stabiae diving center.