Parliamo del progetto archeosub che ha portato al rinvenimento del relitto di un’imbarcazione in legno in pieno Adamello, nel lago del Mandrone, a 2.409 metri d’altitudine.
A cura di “Mandrone WW1 Project”. Foto Nicola Boninsegna.
I ritrovamenti di ordigni e residuati bellici di vario tipo nelle gelide acque di laghi d’alta quota non sono certo una novità, ma bisogna ammettere che c’è un fascino tutto speciale nel rinvenimento di un’imbarcazione intera, già al solo spontaneo domandarsi cosa ci facesse lassù una barca, chi l’avesse costruita o ce l’avesse trasportata e soprattutto perché.
Ebbene, molte risposte arriveranno in base al fatto che il 25 e 26 Agosto 2016, nelle acque del Lago del Mandrone situato nel gruppo dell’Adamello a 2409 metri di altitudine, un team di archeologi e subacquei, guidato dal professor Tiziano Camagna, ha esplorato e documentato un relitto di questo genere risalente alla prima Guerra Mondiale.
Il team era composto dal professore Tiziano Camagna, responsabile del progetto, dagli archeologi del Arc-Team di Cles: Alessandro Bezzi, Luca Bezzi e Rupert Gietl; dai subacquei del NauticaMare DiveTeam: Massimiliano Canossa (video-operatore) e Nicola Boninsegna (fotografo).
L’obiettivo principale del progetto – denominato appunto MANDRONE WW1 PROJECT – è stato infatti quello di investigare ulteriormente le circostanze che hanno portato il relitto della Grande Guerra sul fondo del lago alpino. Inoltre sono stati effettuati foto e video per documentare le attuali condizioni dell’imbarcazione. Le immagini realizzate dai sommozzatori verranno poi utilizzate dagli archeologi per realizzare una ricostruzione in 3D tramite tecniche di Computer Vision quali SfM (Structure from Motion) e MVS (Multiple View Stereovision)
Dal confronto con alcune foto storiche tratte dal libro “I diavoli dell’Adamello – 1915 -1918 La guerra a quota tremila” di Luciano Viazzi, il professore Camagna ha localizzato il relitto nel 2004. Le due foto mostrano alcuni alpini del battaglione Edolo mentre costruiscono l’imbarcazione nei pressi del rifugio J. Payer ed il capitano Castelli intento alla voga.
Durante la Prima Guerra Mondiale, nel corso della “Guerra Bianca”, la zona dell’Adamello fu teatro di scontri bellici. Nei dintorni del rifugio Città di Trento sono ancora presenti ricche testimonianze della Grande Guerra come camminamenti, posti di vedetta, trincee e il piccolo cimitero militare.
Il fronte italo-austriaco, all’epoca, attraversava i due gruppi montuosi dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello-Presanella, perciò le due parti in lotta furono costrette a combattere, per oltre tre anni, una guerra tipicamente alpina, su postazioni di ghiaccio e roccia tra i 2500 e i 3900 metri di quota, in condizioni ambientali e climatiche difficilissime. Il solo vivere a quelle quote costituiva per i soldati un enorme problema: lunghi inverni caratterizzati da nevicate abbondanti da ottobre a maggio, con altezze medie della neve dai 10 ai 12 metri; il freddo variava dai – 10° ai – 15°C con punte notturne fino ai – 30 gradi. Quindi il principale nemico degli alpini italiani e dei soldati austro-ungarici da combattere era il freddo e resistere a condizioni ambientali estreme.
Grazie alla collaborazione del Parco Naturale Adamello-Brenta e dei gestori del rifugio Città di Trento, famiglia Gallazzini, tutta l’attrezzatura è stata inviata con la teleferica del rifugio, mentre i subacquei sono arrivati dopo quasi tre ore di camminata. In seguito i materiali e la strumentazione per i rilievi sono stati trasportati dai subacquei per altri 700 metri circa dal rifugio al punto d’immersione. Sono state scelte attrezzature leggere come i moderni sistemi sidemount per agevolare gli spostamenti.
Durante le operazioni di ricerca il fotografo Nicola Boninsegna ha individuato un tronco che, vista la completa assenza di alberi a quella quota, pone ulteriori interrogativi. Il rinvenimento sarà presto oggetto di specifiche analisi finalizzate alla datazione e al riconoscimento della specie.
La missione subacquea è stata inoltre l’occasione per testare in alta quota un prototipo di ROV (Remotely Operated Vehicle), denominato ArcheoROV e sviluppato dal laboratorio WitLab di Rovereto, in collaborazione con Arc-Team.
Il team intende ringraziare la Soprintendenza ai Beni Culturali di Trento (Ufficio Beni Archeologici) per la disponibilità e la preziosa collaborazione.
(Per maggiori informazioni è possibile contattare: Tiziano Camagna – Responsabile Progetto tizianocamagna@gmail.com. Luca Bezzi – Arc-Team Srl – luca.bezzi@arc-team.com – www.arch-team.com. Massimiliano Canossa – Nautica Mare Srl– max@nauticamare.it – www.nauticamare.it.)