È stato questo il titolo e il tema d’un giorno storico per l’apnea mondiale. Mercoledì 20 giugno scorso, a Roma, nel salone d’onore del CONI, partendo dal trentennale di “Le Grand Bleu” – il film apneistico per eccellenza – è stata rilanciata ufficialmente la candidatura dell’immersione in apnea a disciplina olimpica. Con molte sorprese.
A cura di Romano Barluzzi. Contributo alla redazione: Emanuele Iacomini. Immagini: Fipsas.
Soltanto quando ho cominciato a parlare, ho realizzato fino in fondo dove e con chi mi trovassi. Cosa stessi presentando, chi avessi di fronte. In quella platea composta dalle massime autorità sportive nazionali, dai membri del Comitato olimpico internazionale, dalla presidenza della CMAS, dai presidenti e dirigenti di alcune tra le maggiori federazione sportive di categoria nel mondo, dai moltissimi atleti e personaggi di ieri e di oggi legati all’apnea, nonché registi, attori, giornalisti, fotografi e video-operatori, per non dire di allenatori, tecnici e istruttori – tutti coi propri destini o i propri animi in qualche modo fortemente connessi con le discipline dell’immersione in apnea – c’era tutto ciò che può a buon titolo considerarsi oggi una degna rappresentanza del magico universo sportivo in cui si iscrive l’arte d’immergersi trattenendo il respiro.
Ma vediamo come s’è svolta la manifestazione “From ‘Le Grand Bleu’ to the olympic dream”, anche attraverso le didascalie delle immagini nella fotogallery dell’articolo. Volutamente senza entrare in dettagli troppo tecnici – non ce ne vogliano gli esperti, avremo tempo e modo di tornarci sopra anche prossimamente – bensì per esaltare gli aspetti umani, culturali e anche di natura affettivo-emotiva che hanno pervaso una giornata che, ne siamo certi, nessuno dei presenti potrà dimenticare. Dopotutto, la proposta di far assurgere un’attività sportiva al rango di disciplina olimpica incarna già di per sé l’identità stessa di tale sport: e non c’è dubbio che la portata e lo spessore di quanto presentato in questa memorabile giornata sia stato di natura davvero identitaria. Ma andiamo con ordine.
«Quest’anno ricade il trentennale del film “Le Grand Bleu” e per celebrare tale ricorrenza la CMAS – Confédération Mondiale des Activités Subacquatiques, la FIPSAS – Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee, la FFESSM – Fédération Française d’Études et de Sports Sous-Marins e il CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano hanno deciso di commemorare il film e di ripercorrere, grazie ai filmati e alla viva voce di alcuni dei protagonisti, le varie tappe che hanno condotto l’apnea a diventare uno sport estremamente affascinante e praticato in tutto il mondo.»
Così l’annuncio d’introduzione dell’iniziativa, cui ha fatto seguito subito – giusto per entrare direttamente nel vivo – la proiezione di un bellissimo video di Gian Melchiori (da molti anni e anche attualmente “a capo” della videoripresa subacquea in Federazione) intitolato all’evento e in grado meglio di qualsiasi parola di anticiparne immediatamente il senso e lo scopo. Un cortometraggio magistrale, tra storia, suggestioni e prospettive, ideale sommario d’inquadramento dell’intera giornata.
Ha fatto quindi gli onori di casa, porgendo il benvenuto suo e dell’istituzione che rappresenta, il Presidente del CONI Giovanni Malagò. E già questo non è stato un intervento d’avvio puramente formale: il Presidente, rivolgendosi anche in lingua ai numerosi ospiti e in particolare a quelli stranieri, ha subito conferito una speciale impronta di afflato partecipativo transnazionale all’evento.
Il secondo intervento è stato quello dello Sceicco Al-Fahad Al-Sabah, membro del CIO – Comitato Internazionale Olimpico (alias “IOC Member”, come si trova scritto); già la sua presenza e ancor più la sua esposizione hanno costituito una evidente sottolineatura di conferma ai richiami d’internazionalità che l’evento voleva avere ed ha avuto.
S’è quindi avvicendato ai microfoni Mario Pescante, notissimo ex presidente del CONI e attualmente egli stesso membro del CIO.
L’indicazione tra gli ospiti di Jenny Mann nel suo ruolo di Head of Sport Partnership IOC ha fatto a questo punto da sponda di passaggio verso la successiva attesa relazione, quella del Presidente CMAS Anna Arzhanova. Intervento denso di significati anche simbolici, il suo, come da aspettative. Si pensi – forse non tutti lo sanno… – che l’apnea in realtà, alle prime edizioni dei Giochi Olimpici, c’era già!
Un nuovo, breve filmato ha piacevolmente intrattenuto i partecipanti, finché non è stata la volta di Jean Louis Blanchard, presidente della francese FFESSM. La Francia ha una tradizione apneistica di assoluto rilievo, rievocata dal fatto che nella ricordata prima edizione dei Giochi Olimpici – si trattava dell’inizio del secolo scorso – la prima vittoria nell’apnea fu accreditata proprio a un atleta francese.
S’è a questo punto avvicendato sul palco il Presidente FIPSAS Ugo Claudio Matteoli che, da buon toscano, annunciatosi subito con la battuta di voler parlare solo italiano in quanto rappresentante della federazione nazionale che si occupa dell’apnea, ha introdotto l’ingresso nelle componenti più “tecniche” della narrazione, con tutta la parte che avrebbe ripercorso la ventennale sfida agli abissi dei due leggendari Enzo Maiorca e Jacques Mayol, cuore della trama dell’iconico film “Le Grand Bleu”, per sfociare in tempi più recenti nel mondo delle vere e proprie gare e dei moderni record.
E come non partire proprio con “l’universo Maiorca”? Ecco che di lì a breve, a cominciare dalla figlia del compianto Enzo, Patrizia Maiorca, lei stessa ex campionessa di apnea, il palco si è riempito di… “Siracusitudine”: con lo scorrere sullo sfondo delle straordinarie immagini video di “Nel segno di Archimede”, Tommaso Nobili in persona, marito di Rossana Maiorca (l’altra figlia di Enzo, anche lei campionessa di apnea, prematuramente scomparsa di malattia nel 2005) ha raccontato quell’epoca e descritto anche particolarità tecniche, come la speciale zavorra di discesa da lui progettata, esposta nel mini museo che per l’occasione è stato allestito a vista proprio nello stesso salone d’onore del CONI.
Alle testimonianze dal vivo di Patrizia e Tommaso s’è piacevolmente unita a sorpresa la presenza in sala di Gianfranco Bernabei, regista e produttore (sue le suddette immagini video al momento sullo sfondo), che ha seguito Enzo Maiorca in esclusiva dal 1972 al 1987, dirigendo Enzo anche in due programmi televisivi: “Vita da Sub” e “Mar Rosso”.
Ed è stata subito dopo la volta del mondo che gravitò attorno al co-protagonista del celeberrimo film “Le Grand Bleu”, l’indimenticabile Jacques Mayol (anch’egli tragicamente scomparso nel 2001, non ancora vecchio, nella sua casa all’Isola d’Elba…) attraverso la presenza di colui che nel film lo impersonò, l’attore francese Jean Marc Barr. Al palco, contemporaneamente, è stato chiamato anche un altro attore francese presente, Gregory Forstner, che nel film interpretò Enzo Maiorca da piccolo (mentre l’attore che fece Enzo da adulto fu, com’è noto, il più famoso Jean Reno). Per la cronaca, Jean Marc Barr ha in un certo senso mantenuto il testimone del passaggio all’attualità, in quanto è sua la voce narrante del nuovo film presentato quest’anno all’ultimo EudiShow dal titolo “Dolphin Man” – di cui nell’evento al CONI è stato proiettato il trailer – dove si ripercorrono la vita e le gesta apneistiche appunto di Jacques Mayol che di “Uomo Delfino” portò il soprannome (e che ne dette anche il titolo a un altrettanto storico libro illustrato, “Homo delphinus”).
Sulla rivalità a distanza tra questi due storici pilastri si poté erigere ciò che poi è stata l’apnea dell’epoca di mezzo, quella per intenderci di personaggi alla Umberto Pelizzari, Pipin, Gianluca Genoni, Stefano Makula ecc. Quest’ultimo, presente alla giornata presso il CONI, ha svolto il proprio intervento rammentando tale epoca e tracciando un accenno alle metodiche di preparazione e allenamento di allora che di fatto tentarono tutte una sintesi – sebbene in varie modalità – tra le potenzialità di forza e prestanza fisica che erano state più caratterizzanti lo stile alla Enzo Maiorca e quelle mentali, interiori e psicologiche, appartenute maggiormente all’immagine che Jacques Mayol aveva dato di sé. Anche durante l’intervento di Stefano Makula sono scorse stupende immagini filmate in sottofondo che, mostrando all’opera Umberto Pelizzari, hanno sottolineato come quest’ultimo avesse più volte dichiarato di aver cominciato la sua avventura apneistica cercando di fondere assieme le componenti migliori dell’impostazione Maiorca e delle modalità Mayol, nella convinzione che solo da una sintesi fine tra corpo e mente sarebbero potuti arrivare i risultati migliori, come egli stesso dimostrò con i suoi molteplici successi mondiali e con l’impulso alla divulgazione e alla didattica dell’apnea che ha saputo dare attraverso Apnea Academy.
Né va tralasciato di ricordare che l’apnea intesa come disciplina sportiva a un certo punto ha avuto bisogno di sviluppare il proprio mondo delle competizioni agonistiche, con un mirabile trasferimento di valori dal concetto del record quale exploit individuale a quello di gare vere e proprie intese come confronto tra molti, posti in condizioni di pari opportunità e in un contesto di regolamentazione condivisa e riproducibile ovunque: insomma l’essenza stessa del vero spirito agonistico e olimpico. Ebbene, anche questa fase ha avuto i suoi protagonisti, alfiere tra tutti Michele Tomasi, naturalmente presente alla manifestazione romana, in quanto è proprio grazie all’apporto – nel suo caso particolarmente durevole e incisivo – di atleti e primatisti del genere che l’apnea poté traghettare dal cliché del record a quello dell’agonismo e intraprese la grande espansione nel mondo delle gare che conosciamo oggi.
E sbarchiamo così nell’attualità dell’immersione in apnea, quella fatta di grandi squadre nazionali, di molti atleti giovani e fortissimi, di tecniche di preparazione sofisticate che assimilano, calibrandole perfettamente, le prestazioni fisiche e le doti mentali, l’allenamento muscolare e quello votato al binomio interiore rilassamento/concentrazione, centrando risultati talvolta strabilianti, che fanno dubitare di qualsiasi previsione su dove possano davvero trovarsi i limiti estremi delle performance umane nell’immersione in apnea.
Tutto ciò è personificato dall’ultima generazione di atleti – la più recente – alcuni dei quali sono stati chiamati assieme sul palco del salone d’onore del Coni, a cominciare dall’odierna regina dell’apnea mondiale, l’italianissima Alessia Zecchini, i cui ori, primati e record mondiali sono già innumerevoli (ma ci torneremo) e che, pure mentre pubblichiamo questo articolo, sta vincendo di tutto al Vertical Blu 2018; in sua compagnia Alexey Molchanov, della Federazione Russa, protagonista del primato di 122 m di profondità in assetto costante con monopinna, tanto per fare un solo esempio di richiamo prestazionale; e poi Alice Modolo, Arthur Guerin Boeri, Vincenzo Ferri. Attraverso le rispettive testimonianze, nonché con lo scorrere dei loro filmati, sono stati per la circostanza la voce unanime dei valori migliori legati all’immersione in apnea: la ricerca dell’interiorità, la spettacolarità del gesto atletico, l’amore per il mare come ambiente naturale, l’affinità per l’elemento liquido, i risvolti educativi e molto altro ancora. E colpisce come questi e altri valori si ritrovino comuni a personaggi di provenienze e culture tanto diverse. Ma poi ci si ricorda che è esattamente questa l’essenza dello spirito di Olimpia! E allora tutto torna.
A questo punto – prima di concludere – non possiamo esimerci dal riportare una brillante sintesi che abbiamo ricevuto subito dopo l’evento al CONI, composta da Emanuele Iacomini, dell’ufficio comunicazione e marketing della Federazione, rievocativa di quel ventennio di sfide tra i due grandi Maiorca e Mayol raffigurato nel film “Le Grand Bleu”: è un brano che riteniamo utile per i più giovani che volessero farsi un’idea di quell’epoca d’oro dell’immersione in apnea e delle atmosfere che fu capace di indurre nel pubblico subacqueo di allora. Eccolo:
«Uno andava giù di potenza. L’altro andava giù di grazia. Uno imprecava. L’altro meditava. Uno era Enzo Maiorca. L’altro era Jacques Mayol. Uno era nato a Siracusa. L’altro era nato a Shanghai. Maiorca e Mayol. Mayol e Maiorca. Due esseri umani che più diversi non si può. Due rivali, giocoforza. Due “re degli abissi”. Ancora oggi, grazie alle loro personalità, Enzo e Jacques regnano incontrastati sul pianeta delle apnee. Maiorca aggrediva la profondità con rabbia iperventilata. Mayol vedeva nei suoi record la rappresentazione del mortale limite umano. Due modi di vedere la stessa cosa, due risvolti della stessa passione: l’apnea. La mancanza di respiro, di aria, di fiato. Maiorca: dal 1960 al 1976 porta sempre più in basso (!) i suoi record portando così sempre più in alto l’orgoglio sportivo italiano. Mayol: nato a Shanghai e cresciuto ai Caraibi, è diventato un vero e proprio personaggio pubblico in Italia grazie al suo acquatico braccio di ferro con il Maiorca nazionale. La sfida tra i due è stata un continuo colpo di scena, fatto di respiri trattenuti, immersioni nel buio, parole smozzicate. Maiorca così sanguigno, plateale, scorbutico. Mayol così distante, assente, discreto. Eppure qualcuno aveva deciso che i due, così diversi, dovessero incontrarsi e poi scontrarsi su di un argomento che, fino a poco prima del loro avvento, nessuno (o quasi) conosceva: l’apnea.
Maiorca dal collo taurino e dalle spalle forti. Mayol dal baffo misterioso e dal fisico da playboy in disarmo. Che due personaggi! Inimitabili. Due guerrieri delle profondità, due veri signori degli abissi. Eppure, se Maiorca non avesse incontrato sulla sua strada Mayol, e viceversa, nessuno dei due sarebbe diventato così famoso da entrare nella storia, e non solo dell’apnea. La loro rivalità ha portato a galla, in tutto il mondo, la pratica sportiva dell’apnea. La loro rivalità li ha consegnati per sempre alla storia grazie alle loro imprese, ai loro record e a come li raggiungevano. Maiorca di forza. Mayol soprannominato l’uomo delfino. Enzo combatteva con l’acqua. Jacques vi si infilava leggiadro, quasi a non voler disturbare. La loro respirazione prima di scendere giù, nel blu dipinto di blu, proveniva da scelte opposte. Maiorca superava ogni volta sé stesso immerso in una specie di incontro-scontro con i suoi polmoni. Mayol praticava yoga e imparava a respirare dai delfini. Maiorca era sempre superpresente in ogni momento delle sue discese. Mayol sembrava invece entrare in una specie di trance. Maiorca dava la sensazione di combattere con la mancanza di ossigeno come un pugile sul ring. Mayol univa anima e corpo alla natura con la disciplina orientale. E poi, a un segnale che solo loro due potevano dare, giù. In silenzio. Senza respiro. In un altro mondo. A cercare chissà cosa. Un record? Una profondità? Un segnale? No. C’era molto di più. C’era la ricerca dell’essenza dell’uomo. E il fatto che i due fossero così diversi caratterialmente e che anche le loro tecniche fossero così distanti come approccio, rendeva ( e rende) Maiorca e Mayol insuperabili nella ricerca e nella pratica dell’apnea. Non a caso il regista francese Luc Besson, nel 1988, dedicherà ai due apneisti un suo bellissimo film: Le Grand Bleu. Maiorca ha toccato i 45 metri nel 1960, gli 80 metri nel 1973 e i 101 metri nel 1988. Mayol è sceso a 60 metri di profondità nel 1966, a 100 metri nel 1976 e a 56 anni raggiunse addirittura i 105 metri. Della rivalità fra Maiorca e Mayol rimane oggi il ricordo di due sportivi che hanno insegnato, ognuno a modo loro, ad amare e rispettare il mare e i suoi abitanti. E a ricercare sè stessi nel silenzio della solitudine dell’apnea.»
L’intervento conclusivo della giornata al Coni non avrebbe potuto essere altro che quello della presidente della CMAS Anna Arzhanova, una ulteriore sottolineatura riassuntiva del senso dell’intera manifestazione: un evento che, oltre a commemorare il film e a ripercorrere, grazie ai tanti video e alla viva voce di alcuni dei protagonisti, le varie tappe che hanno condotto l’apnea a diventare uno sport tanto affascinante e così praticato in tutto il mondo, ha ottenuto il risultato di dimostrare come questa disciplina possegga oggi tutte le carte in regola per entrare a far parte del programma olimpico. Un obiettivo, quest’ultimo, non certo facile da raggiungere, ma che, con il contributo fattivo di tutte le parti in causa, potrebbe anche tramutarsi in una splendida realtà.