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Chi è costui? Un’eccellenza italiana in campo fotosub, di cui – come spesso accade – s’è parlato poco e niente. Eppure ha vinto il World Shootout 2017, riconoscimento che gli è stato tributato con i dovuti onori al Boot di Dusseldorf. Così abbiamo voluto incontrarlo all’Eudi per conoscerlo meglio.

A cura di Claudio Budrio Butteroni. Foto Franco Tulli.

[TS-VCSC-Lightbox-Image content_image=”13486″ content_image_size=”full” content_title=”Pubblicata sul National Geographic Mondo e foto del mese nel NG Italia 2016″ lightbox_effect=”fade” margin_bottom=”20″ el_file=””]

Un’italianissima eccellenza, il fotosub Franco Tulli, con all’attivo un grande successo del quale – concausa la recente dipartita dell’ultima testata giornalistica cartacea del settore, con successiva riapparizione proprio all’Eudi – si è veramente parlato troppo poco. Il grande riconoscimento tributatogli invece a Gennaio in occasione del BOOT Dusseldorf Dive Show era nell’aria, preannunciato dalla condivisione dei suoi scatti ad opera di numerosi divulgatori. Ma chi è dunque Franco Tulli, vincitore del World Shootout 2017? Intanto è un giovanile e simpatico 56nne, Romano di adozione ma nativo di Torino. Studi classici, laurea e l’esercizio di una libera professione in ambito informatico. Da bambino sognava di fare l’astronauta e di fluttuare nell’aria. Ora fluttua nei nostri mari regalandoci scatti che ci fanno sognare. Tre grandi passioni: i viaggi, la fotografia e la subacquea. Dall’unione delle tre, amalgamate da tanta tecnica e da un pizzico di post-produzione, è nata “Coconut Octopus” che a dire il vero rappresenta soltanto l’ultima di una serie di fotografie di successo. Per rendersene conto è sufficiente visitare il profilo Instagram di Franco. Lo abbiamo incontrato all’Eudi 2018, giusto per saperne un po’ di più. Ed eccolo qua anche per voi.

Viaggi, subacquea e fotografia: quale passione nasce prima?
«Diciamo che i viaggi e la fotografia sono passioni sorte sin dalla prima gioventù. La subacquea è arrivata attorno alla fine degli anni ‘80 insieme ai primi impieghi lavorativi. Successivamente, con la stabilizzazione dell’indipendenza economica, l’integrazione foto-sub è stata un passo naturale. I primi scatti con la storica Nikonos III e poi i vari upgrade…»

Quando le prime avvisaglie di questo tributo?
«Avevo partecipato a diverse categorie di concorso tra cui anche quelle di gruppo. Eravamo stati informati del fatto che, per questa specifica categoria, eravamo giunti in semi-finale. Dopo qualche giorno il nostro referente venne contattato per essere informato che una delle mie foto era giunta in finale, e mi era stato richiesto il file originale dello scatto. Il regolamento per questo contest è estremamente rigido e le regole limitano veramente al minimo gli interventi di post-produzione.
Il 24 dicembre ricevo una telefonata da Israele, da parte dell’organizzazione della kermesse che mi comunica la lieta notizia. Ricordo il simpatico siparietto nel quale, preso dall’emozione, ringraziavo il mio interlocutore per questo inatteso regalo di Natale.»

Quali gli altri riconoscimenti degni di nota?
«Nonostante scatti fotografie subacquee da una vita, la mia partecipazione ai concorsi fotografici inizia solo di recente. Da anni ho un broker che si occupa di gestire le royalty delle mie opere, ma la partecipazione al primo concorso avviene solo tre anni fa. E si trattò di uno scatto preso in apnea che raffigurava dei delfini, per il tema “Le grandi famiglie del mare”, nella categoria Snorkeling. Oltre ad essere la mia prima partecipazione diventò anche la mia prima vittoria. In seguito numerosi scatti nel tempo sono stati pubblicati dal National Geographic Magazine. Comunque al momento il tributo più lusinghiero che abbia mai ricevuto è stato quello di vedere una mia foto esposta al palazzo dell’ONU a New York. Partecipai, per accontentare un’amica, al concorso fotografico Obiettivo Terra, promosso dalla Fondazione Univerde e dalla Società Geografica Italiana, con uno scatto ritratto nell’area Marina Protetta di Punta Campanella. Vennero selezionate 30 tra le oltre 1800 candidature pervenute, e, con mia grossa sorpresa, ma con estremo orgoglio, furono oggetto della mostra “Missione Earth 2016 – The sea: the blue lung of the world” inaugurata il 31 maggio al Palazzo delle Nazioni Unite a New York in collaborazione con Marevivo e la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Onu.»

Quanto è stato di aiuto avere al tuo fianco una compagna di vita che condivide le tue stesse passioni?
«Certamente il fatto di avere un’istruttrice subacquea come compagna, per altro estremamente brava, mi ha consentito di poter dedicare molto più tempo a questa passione.
Inizialmente io ero dedito a immergermi quasi esclusivamente in mari tropicali, mentre Miranda è una grande appassionata di immersioni nel Mediterraneo. Il nostro rapporto ci ha sin da subito consentito di ampliare i nostri reciproci orizzonti. Bisogna anche dire che Miranda, oltre a farmi saltuariamente da modella, è una acerrima concorrente, molto competitiva, e questo ci dà reciproco sprono a migliorare.»

A chi dedichi questo successo?
«A mia madre, venuta a mancare proprio in concomitanza dell’investitura del premio, il quale è stato ritirato da altri amici fotografi in mia vece.»

Quali soni i tuoi prossimi programmi?
«A breve partirò per il Sudan, di cui sono innamorato, e dove spero di fare qualche bello scatto “ambiente”. Andremo con un gruppo di amici in una barca storica: la Felicidad II di Aurora Branciamore, squisita persona che tanto ha dato al mare e alla subacquea.
Ho in programma anche la  partecipazione al concorso Oasis, organizzato dall’omonima rivista, e lo farò anche in altre categorie, oltre a quella subacquea, in quanto la mia passione per l’immagine va ben oltre la sabbia del mare.
Anche se invogliato da più fronti nel partecipare ai vari concorsi, la mia finalità è sempre quella di fare qualche scatto che mi soddisfi e che mi regali, in futuro, il ricordo della bellezza del luogo dove sono stato. E se poi dovesse farmi vincere qualcosa…ben venga, ma non è certo una priorità.»

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