Riflessioni soggettive sul contatto con gli animali marini scritte a quattro mani con il fotosub. E, se siete del partito “guai a chi tocca”, si accettano confronti.
Di Jenny Gioffrè e Francesco Turano. Foto Francesco Turano.
Andare per mare e farsi fotografare mi diverte molto, ma ancor di più con un polpo in mano! Ebbene questa passione mi è più volte costata l’accusa di essere insensibile e irrispettosa del mare, pertanto colgo l’occasione di questo spazio di confronto e di libera espressione del pensiero per parlarne con voi. (Aggiungendo al mio punto di vista quello del fotosub Francesco Turano, complice di tanti ravvicinati contatti).
Amo il mare, e il mio modo di starci dentro è certamente istintuale e forse un po’ ingenuo. Tocco tutto ciò che posso, come fanno i bimbi alla scoperta del mondo, e qualche volta con qualche irritazione della pelle per mia ignoranza (adesso so per comprovata esperienza quanto siano dolorosi vermocane, attinie e meduse)! Il dibattito che leggo in giro su internet, carico spesso di tono polemico, sull’assoluto divieto di toccare gli animali marini mi lascia alquanto perplessa. Stiamo scherzando? Cercando di depurarci (noi uomini) delle brutture di cui siamo capaci abbiamo iniziato a negare il valore della relazione, anche con gli animali? Nelle foto ad esempio allegate a quest’articolo credo sia manifesto come il polpo non sia particolarmente infastidito, ma anzi curioso quasi quanto me, ed essendo un animale intelligente non credo gli sarebbero bastate due mie moine per convincerlo (mica è un uomo!).
Da brava psicanalista mi sento d’interpretare e riflettere su questo argomento e sulle dinamiche che innesca con tanto scalpore. L’octopus simbolicamente rappresenta un’intelligenza strutturalmente diversa che ci allontana da concezioni rigidamente antropocentriche, e in virtù di questo mi piace utilizzarlo come esempio. Il polpo ha livelli di autonomia impensabili, riesce, meglio di noi certamente, a controllare gli impulsi e il suo reagire al mondo; mimetizzandosi esprime una capacità di realizzare fuori l’immagine che si crea dentro. Testimonianze raffigurative del polpo si ritrovano in larga parte dell’Europa già dall’epoca arcaica: dall’iconografia antica il polpo svela una valenza archetipica collegata ad una sensibilità conoscitiva ed intuitiva; la sua attitudine è volta a cogliere connessioni anziché a fissarsi in rigide opposizioni. L’intelligenza dell’octopus è finalizzata ad aprire interrogativi più che a definire certezze. Dunque questo potrebbe essere il nostro interrogarci: il tabù, violato segretamente come tutti i tabù, del contatto diretto con gli animali cosa esprime? A mio parere a volte nient’altro che il desiderio di allontanarci dalla dimensione istintuale, perdendo così anche il nostro possibile ed autentico rapporto con l’inconscio e lo spirituale.
Non sarà tutto questo fanatismo esasperato un modo di negare l’ombra, espressione junghiana che indica i lati oscuri, e la capacità di una reale relazione con il mondo che sia interrelazione e non solo spettatore superficiale?
Il rispetto del mare e dell’altro passa dalla capacità di un contatto responsabile e consapevole. Passa dal limitare il nostro consumismo e l’abuso del mare e della terra, dal consumo etico e dalla saggezza delle nostre azioni. E se mai un paguro sulle mie mani sarà traumatizzato, probabilmente si riprenderà rapidamente come tutte le donne infastidite da uno struscio non voluto sull’autobus. Per quanto mi riguarda continuerò ad accarezzare gallinelle e sogliole, a toccare stelle marine, a stuzzicare granseole, a nutrire pomodori di mare e prendere in mano scorfani sonnecchianti e paguri. Perseguiterò a conoscere il mondo con l’entusiasmo del bambino e la consapevolezza di una donna matura e non farò mai diventare un polpo con cui ho nuotato un’insalata. Questo lo prometto. (Jenny Gioffrè)
Toccare è istintivo. Non si può non entrare in contatto con la natura, il “contatto” ci appartiene. A volte alcune immagini che ritraggono il contatto dell’uomo con l’animale turbano qualcuno, che si sente poi in diritto di poter giudicare, affermando che nulla va toccato. Niente di più falso; sarebbe un po’ come dire nulla va mangiato! Nel mondo della subacquea nello specifico, si diffonde sempre più la cultura del “non si tocca”. Ma si sta diffondendo oggi, quando ormai tutto è stato danneggiato, tutti gli ecosistemi alterati, ogni cosa è inquinata e, tutto ciò, per mano dell’uomo. Permettetemi quindi di affrontare le cose in maniera diversa poiché credo che il contatto sano e consapevole sia un’esperienza di un’importanza unica. Anzi è addirittura un aiuto per comprendere quanto fragili siano gli ecosistemi e quanto non sia il contatto uomo-animale a creare danno all’ambiente. La mancanza di questo rapporto, perso con la trasformazione del nostro modo di vivere (rinchiusi nelle città), ha cancellato quel sano equilibrio che nasce dal contatto con gli animali. Tornando a noi, perché non dovrei prendere in mano un paguro, osservarlo, e poi rimetterlo al suo posto? O perché mai non dovrei interagire con un polpo, mollusco di straordinaria intelligenza, instaurando un breve scambio di sensazioni attraverso il contatto diretto? Certo, è necessario possedere la dimestichezza, l’esperienza e la conoscenza di un minimo di biologia per approcciarsi alla natura e al contatto con essa senza far danni. Ma questa è un’altra cosa. Durante le nostre immersioni, quando tocchiamo il substrato senza l’uso dei guanti, percepiamo una serie di informazioni fondamentali. La superficie di una roccia muta in base al tipo di vita incrostante: sentiremo la consistenza di una spugna, quella di un’alga, la fragilità di un briozoo o il bruciore provocato da un’attinia. Tutte informazioni importantissime. I pesci ci sfuggono, sarà difficile toccarli (salvo eccezioni), ma molti invertebrati si concederanno per alcuni istanti, se toccati nel modo giusto. Un bagaglio di esperienze, quello che nasce dal contatto, utile per riportare moltissime informazioni sulla vita nel mare. Almeno una volta nella vita, provate a sentire la coda di un cavalluccio marino che si arrotola su un vostro dito: non ve lo scorderete mai più. E non avrete né ucciso un cavalluccio né tanto meno creato danno alcuno alla specie. Ma avrete forse compreso definitivamente cosa significa amare il mare e la natura vivente. (Francesco Turano)
3 Comments
Francesco Attisani
Io sono del partito del “non toccare”, inteso nel senso, però, del non lasciare segni del mio passaggio in un ecosistema (il mare) che non è il mio. In fondo è’ un po come il non mettere i piedi sul tavolo a casa di estranei (semmai, lo faccio a casa mia!). Vuol dire evitare di “pinneggiare” sott’acqua alla disperata (come ho visto fare a parecchi neo-sub) devastando tutto quanto presente nel raggio d’azione delle loro gambette sfrenate alla ricerca disperata di un assetto decente. Vuo dire non praticare la pesca subacquea con autorespiratore (cosa che ho visto consentire anche in qualche diving, pur di fare contento il ricco nordico sceso in Calabria alla ricerca di facili prede da mostrare con orgoglio in famiglia, vantandosi però di “quanto sia stato difficile stanare” il pesce in questione). Accarezzare un polpetto non mi sembra un reato (il Codice della Navigazione non riporta niente a tal proposito!). Anch’io, in quel di Lipari, qualche anno fa (era il 1998), trovandomi lì per lavoro, ho avuto il piacere di aiutare un mio amico, titolare di un diving, per accompagnare sott’acqua una ciurma di scalmanati subacquei Inglesi e Francesi (torniamo alla pinneggiata selvaggia: con un calcio uno mi ha sfilato la maschera!). In quell’occasione ho fatto la conoscenza con un polpone grosso cinque-sei volte quello che tieni in mano tu (un tentacolo era grosso quanto il braccio di un bambino), con qualche tentacolo moncato, evidentemente, da una murena. Lui stava sempre nella stessa tana e il mio amico mi ha raccontato che con regolarità portava lì i subacquei per farli assistere alla scena del polpo che esce dalla tana, viene preso letteralmente in braccio per giocarci un pò, e poi se ne torna a casa sua senza alcun apparente fastidio. In effetti io ho assistito, e documentato, questa scena. Quindi, se ti tacciano di poco rispetto verso gli animali, o cose del genere, lascia perdere. Non è il caso di fare discussioni inutili. Nove su dieci si tratterà di persone che non hanno mai messo la testina sott’acqua e che, più in generale, non hanno capito che il rispetto per gli animali non passa dal “non toccare”. Secondo questa logica, quindi, non si dovrebbe accarezzare neanche un cane randagio o un gatto! Per inciso: conosco già Francesco Turano, il suo sito, e le sue foto a dir poco spettacolari. Non conoscevo ancora questo portale, ma l’ho aggiunto tra i preferiti! Ad maiora.
Mario
Spero tu possa incontrare una Caravella Portoghese.
Carlo
Onestamente non sono d’accordo con te, va bene toccare per conoscere ma non
generalizzerei sul fatto che ci si possa sentire autorizzati a toccare tutto per forza.
Mi sembra che i coralli – per esempio – soffrano il contatto e le differenti sostanze che il corpo umano si porta dietro: https://www.reefrelief.org/threats-to-coral-reefs/.
Sono sicuro che non userai creme solari, abbronzanti, o quant’altro, preparandoti all’immersione: avresti altrimenti lasciato una scia di morte e distruzione dietro di te.