La spedizione "Un Lembo di Patria", guidata dall'esploratore subacqueo Andrea Murdock Alpini, ha appena compiuto le prime quattro immersioni sul relitto dell'Andrea Doria. La missione italiana si trova quindi all’incirca a metà del previsto periodo esplorativo. Approfittiamo di una pausa forzata per maltempo e sentiamo dalla viva voce dei protagonisti come sta andando.
A cura di Marco Mori
Questa straordinaria avventura subacquea ha già catturato l’attenzione degli appassionati di storia marittima e ha suscitato emozioni profonde nei membri del team ma anche nel pubblico a distanza. Abbiamo avuto l’opportunità di un’altra intervista esclusiva ad Andrea e al suo team per scoprire i dettagli e le impressioni su ciò che sta accadendo nelle visite al leggendario relitto.
Questa spedizione ha portato infatti Andrea e il suo team a immergersi su ciò che resta in fondo all’oceano dell’Andrea Doria, il famoso bastimento italiano che giace sul fondale dell’Atlantico da oltre mezzo secolo. Con una passione ardente per la storia e una speciale connessione emotiva con la nave, Andrea ci ha raccontato le emozioni travolgenti che ha provato toccando con mano quel ferro perduto eppure ancora così “vivo”.
L’intervista ha gettato luce anche sulla sfida estrema di immergersi sulla prua del relitto dello Stockholm, un’esperienza difficile e commovente, dove la tenacia e la pazienza hanno giocato un ruolo fondamentale nel raggiungere l’obiettivo.
Quindi non solo emozionanti attimi d’avventura ma anche innovazioni tecniche. Andrea ci ha svelato i test in corso sulle attrezzature PHY DIVING, rivoluzionarie e fondamentali per affrontare le profondità gelide e oscure dell’oceano.
Questa imperdibile intervista rappresenta l’essenza dell’esplorazione subacquea e le forti emozioni legate a un’impresa che si conferma unica e avvincente. Ogni tuffo è una scoperta e contemporaneamente ogni momento è un tributo alla storia marittima italiana.
Ma lasciamoci accompagnare nell’abisso direttamente dalle parole dei “nostri”.
Ciao Andrea, che bello sentirti! Prima di tutto, come state?
«Ciao Marco! Stiamo tutti bene, siamo rientrati solo 12 ore fa. Avevamo in programma di fermarci 48 ore a terra nel Massachusetts per sistemare la barca, le attrezzature e ovviamente riposarci un po’ prima di tornare sul relitto dell’Andrea Doria per completare la nostra spedizione “Un Lembo di Patria”. Ma questa mattina, al risveglio, abbiamo visto che le previsioni stanno peggiorando (è prevista una tempesta), quindi ci siamo rimessi subito in partenza per tornare sull’Andrea Doria il prima possibile per lavorare e fare tutto quello che ci resta. Siamo contentissimi del nostro lavoro finora, anche se c’è stato tanto stress e fatica, ma siamo soddisfatti.»
Come descriveresti il significato personale di immergerti sul relitto dell’Andrea Doria?
«Anzitutto, con l’emozione di essere ritornato sul suo relitto, che è stata incredibilmente intensa. Quest’anno avevamo degli obiettivi diversi, ovvero quello di raccontare la nave nella sua interezza, e questa era una sfida obiettivamente difficile. Infatti ci mancano ancora le immagini della prua, ma centro nave e poppa sono state filmate! L’emozione è stata ancora più grande quando siamo riusciti a immergerci sulla prua della Stockholm. Essendo stato il primo al mondo a fare immagini video subacquee professionali in tale punto, e vivendo il particolare legame emotivo che ho con questo sito sommerso, s’è trattato di un’emozione più che grande, direi indescrivibile, soprattutto perché siamo stati i primi italiani che hanno avuto l’opportunità di immergersi lì. E oltretutto i primi dopo i subacquei che hanno scoperto la prua, ovvero Joe Mazsraani, Steve Gatto e Tom Packer. Quindi si contano sulle dita di una mano i subacquei che hanno potuto vedere di persona la prua della Stockholm. Questo per noi è un vero motivo di orgoglio e proietta la subacquea italiana ai massimi livelli possibili in questo campo.»
Che idea ti sei fatto dello stato di conservazione del relitto dell’Andrea Doria?
«Anche questo è un argomento ricco di constatazioni sorprendenti e in grado di regalare emozioni difficilmente descrivibili. Dopo tutti questi anni, si rilevano degli aspetti che si sono mantenuti sorprendentemente intatti e altri che hanno invece subìto maggiormente il deterioramento. L’Andrea Doria è estremamente preda delle correnti – talvolta impetuose – che battono incessantemente l’area e presenta uno stato di conservazione che cambia moltissimo in base alle zone che si visitano, con un andamento che appare perfino bizzarro. Per esempio, la chiglia è praticamente ancora integra, mentre i ponti sono crollati soprattutto nella zona a centro nave. La parte poppiera si vede ancora molto bene, come la piscina di seconda classe, che ho avuto l’onore di vedere piastrellata ancora nella sua forma. È stato bello rievocare anche il ricordo di Stefano Carletti che mi raccontava di aver nuotato in quella piscina dell’Andrea Doria nel 1968; e 55 anni dopo… ci sono riuscito anch’io! Inoltre si individuano reperti vari di dimensioni più contenute ancora perfettamente conservati. Per quanto riguarda la prua… lo scopriremo tra qualche giorno, quando potremo ritornare sul relitto a ultimare i lavori.»
Quali sono state le principali difficoltà affrontate dal tuo team durante queste prime quattro immersioni sull’Andrea Doria?
«La principale è consistita nelle condizioni climatico-metereologiche, con fitta nebbia che ci ha accolto sempre e naturalmente tantissime correnti, non solo in superficie bensì fino alla profondità di 55-60 metri. Queste correnti sono estremamente forti e non danno tregua. Una vera sfida! Per fortuna, sul fondo diminuiscono notevolmente e si riesce a lavorare. La visibilità in questi giorni è stata invece superiore alle aspettative e ciò ci ha permesso di fare un buon lavoro di ricognizione e di portare a casa ottime immagini video. Piuttosto, abbiamo affrontato molte ore di insonnia ogni giorno, sia per lo stress che per le veglie notturne necessarie per il controllo delle attrezzature radar. Ma l’adrenalina ci tiene operativi e determinati.»
Potresti condividere un’esperienza particolarmente significativa vissuta durante queste prime immersioni sul relitto?
«Durante la terza immersione, scendendo fino alla profondità di 45 metri, ho visto un’immagine improvvisa davanti alla mia maschera. Come delle scie bianche sotto di me. All’inizio ero perplesso e non riuscivo a capire cosa fossero. Successivamente, mettendo a fuoco, ho capito che era il relitto e da ben 45 metri si poteva intravedere, cosa veramente rara. Più scendevo e meglio identificavo ciò che stavo guardando: in realtà quelle scie bianche erano i cala scialuppe completamente ricoperti – rivestiti! – di anemoni bianchi. È stato incredibile, pazzesco, al punto da non sembrare vero. Un regalo dell’Andrea Doria, una visione insperata che mi ha toccato nel profondo.»
E cosa si prova a essere uno dei soli 6 esploratori al mondo a essersi trovati faccia a faccia con la prua del relitto della Stockholm?
«Anzitutto posso dirti che questa sulla prua della Stockholm è stata senza ombra di dubbio l’immersione più difficile ch’io abbia mai fatto nell’oceano Atlantico, considerando anche le passate spedizioni sull’Andrea Doria o in Irlanda. Una corrente direi devastante, basti pensare che per scendere alla profondità di 70 metri abbiamo impiegato 13 minuti. Durante la discesa, ho pensato per ben due volte di abortire l’immersione perché sembrava impossibile andare oltre, ma con tanta tenacia e pazienza siamo arrivati sul fondo. Sono riuscito a filmare ciò che rimane della prua e ho cercato per tutto il tempo l’ancora, volevo vedere se ce n’era traccia. Dopo 20 minuti, sono riuscito a trovarla, capovolta e completamente ricoperta di anemoni. È stata una soddisfazione immensa. Per dare un’idea di questa sfida con un paragone più comprensibile, diciamo che immergersi sulla prua dello Stockholm è come scalare una montagna nell’Himalaya chiamata Karakorum, la “Mangiatrice di Uomini”, estremamente complessa e pericolosa da scalare.»
Come stanno procedendo i test sulle attrezzature PHY diving?
«Stanno andando benissimo. Stiamo testando il nuovo sottomuta chiamato THERMAE, che completa la collezione con TEPIDARIUM e CALIDARIUM. È estremamente sottile e versatile, con grandi potenzialità in quanto permette – e l’abbiamo potuto riscontrare ben bene! – una mobilità in acqua senza eguali, isolando tantissimo dal freddo grazie agli strati impermeabili. Inoltre, la cerniera stagna contribuisce a limitare le infiltrazioni d’acqua. L’interno è felpato per eliminare la dispersione termica, cosa fondamentale perché le immersioni in oceano sono fatte a temperature che si aggirano mediamente intorno ai + 9°C appena.»
Come valuti finora l’andamento della spedizione “Un Lembo di Patria”? E le prossime tappe? Cosa sperate di raggiungere nei prossimi giorni di esplorazione?
«Intanto siamo molto contenti di quel che abbiamo fatto come lavoro fino a oggi, quindi posso dire che per ora abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Ma per far sì che tutto sia veramente completo e si possa parlare di vero “successo”, dobbiamo riuscire a filmare la prua dell’Andrea Doria e l’ultima parte che va dalla plancia al fumaiolo. Allora avremo completato i nostri obiettivi tecnici. Poi ci sarà da posizionare il piatto commemorativo che abbiamo fatto realizzare dall’artista Emanuela Rossato per l’occasione, e contiamo di farlo proprio il giorno della ricorrenza dell’affondamento dell’Andrea Doria (che sarebbe il 26 luglio, tre giorni dopo la realizzazione di questa intervista – n.d.r.). Questo segnerà il completamento dei nostri obiettivi “acquatici”. Successivamente, al ritorno in Italia, per il definitivo coronamento dell’impresa bisognerà terminare di scrivere il libro – anche se sta procedendo pure in questi giorni di navigazione, con sempre nuove storie e avventure – e infine bisognerà montare tutti i materiali video secondo sceneggiatura per poter presentare il film compiuto che sarà proiettato in anteprima durante l’EUDI Show 2023, sia allo stand di PHY DIVING che sui palchi istituzionali della Fiera.»
Sentiamo da parte di Marco Setti come descriverebbe ciò che ha provato personalmente nel raggiungere il relitto dell’Andrea Doria?
Marco Setti: «L’emozione è indescrivibile e unica, trovarsi su un pezzo importante della storia navale italiana non ha veramente paragoni. Non pensavo di emozionarmi tanto, ma quando il relitto si è materializzato davanti ai miei occhi increduli, mostrandosi in tutta la sua regale maestosità favorita anche dall’eccezionale visibilità, ho provato una gioia immensa. “Eccomi, sono qui!”, mi sono detto. Poi, arrivati sopra fino a toccarlo, ho avvertito come una “presenza” viva: l’Andrea Doria ci stava salutando! Nessun relitto è in realtà un rottame inerte ma qualcosa di semplicemente addormentato, ancora vivo. Questo però ha in più ancora tanto di misterioso e affascinante da raccontarci!»
Identica domanda l’abbiamo posta anche al terzo membro della spedizione, David D’Anna, che risponde così:
«L’Andrea Doria ha rappresentato sempre un sogno e oggi questo sogno si è finalmente realizzato. Abbiamo compiuto già delle immersioni importanti. L’emozione è stata grande. È stato per me difficile scindere l’aspetto tecnico da quello emotivo perché scendere e toccare quel relitto rappresenta il raggiungimento di questo grande, grande sogno. Ho avvertito una scossa da brivido perché mi sono avvicinato con estrema delicatezza e ho sentito un’emozione infinita quando l’ho toccato. Gli ho fatto una carezza e poi l’ho guardato standogli vicino, continuando a pensare a tutto quello che è successo nel giorno dell’inabissamento e immaginando quanta sofferenza e dolore possano esserci stati in quelle ore drammatiche da parte di tutte le persone a bordo. Emozioni fortissime che ti toccano nel profondo. Forse ti segnano in maniera indelebile. Ci siamo “fatti compagnia”!»
Concludendo
L’intervista con Andrea Murdock Alpini e il suo team ci ha portato in un viaggio unico e indimenticabile attraverso le profondità marine, dove la passione per l’esplorazione subacquea si è intrecciata con emozioni intense, tecnologia, ardimento, abilità ed epiche scoperte. La spedizione “Un Lembo di Patria” ha dato l’opportunità a questi valorosi subacquei di avvicinarsi a uno dei relitti più celebrati e irraggiungibili della storia navale italiana, l’Andrea Doria, portando alla luce segreti che per decenni sono rimasti sepolti sotto il mare.
L’impatto emotivo di toccare il relitto dell’Andrea Doria ha risvegliato ricordi di un’epoca passata, rievocando le vite e le storie interrotte da quel tragico giorno. Le sfide affrontate durante le immersioni hanno richiesto tenacia e determinazione, dimostrando che solo attraverso la passione e la dedizione si possono superare gli ostacoli e raggiungere gli obiettivi, anche i più ambiziosi.
Ma la spedizione non si è limitata a un solo relitto. Il team di esploratori si è spinto oltre, affrontando le difficoltà uniche dell’immersione sulla prua dello Stockholm, un’esperienza straordinaria e toccante. Le emozioni vissute durante queste immersioni hanno dimostrato quanto la subacquea sia una disciplina che tocca l’anima e apre le porte a mondi nascosti e affascinanti. Anche quelli che abbiamo dentro.
Inoltre, l’innovazione e lo sviluppo di attrezzature ed equipaggiamenti PHY DIVING hanno svolto un ruolo cruciale nel successo di questa spedizione straordinaria, almeno per queste prime immersioni. L’evoluzione delle tecnologie subacquee permette ora di affrontare le profondità gelide con maggiore sicurezza e precisione, aprendo nuove prospettive per l’esplorazione subacquea e la protezione dei relitti storici.
Attraverso queste nostre pagine di SerialDiver abbiamo vissuto il privilegio di accompagnare Andrea Murdock Alpini e il suo team in alcune delle avventure subacquee più incredibili. La passione di Andrea per l’oceano e la sua dedizione nel condividere queste esperienze con i lettori hanno reso la rivista un punto di riferimento per gli appassionati di subacquea in tutto il mondo.
In conclusione, l’intervista con Andrea Murdock Alpini e il suo team ci lascia con la consapevolezza che il mondo subacqueo nasconde ancora molti segreti da rivelare a chi sa ascoltare, leggere, osservare e apprezzare. Ogni immersione è un viaggio consapevole verso l’ignoto, un’opportunità unica e irripetibile – ogni volta diversa – di scoprire storie dimenticate, di svelare un mistero per avvistarne un altro; lasciandosi avvolgere ogni volta dall’eterna emozione del mare. Dal suo incantesimo.
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