Il nostro tributo spassionato per tutti i relitti di navi civili e mercantili, di solito snobbati in favore di quelli militari. Ingiustamente
Testo di Romano Barluzzi. Foto di Marco Mori.
Ci sono quelli che hanno guerreggiato e sono affondati in combattimento. Gloriosamente. Tragicamente. Il loro nome risuona celebre nel persempre. E sono nomi al maschile, come si conviene solo ai vascelli militari. Poi ci sono i bastimenti, che trasportano cose e persone. Battezzati con nomi di donna. Il femminino dei piroscafi naviganti, simbolo di pace. Per far nascere, costruire, avvicinare sponde. Quando scompaiono sott’acqua entrano in una invisibilità non solo fisica: diventano ignoti. E in terraferma si dice “era solo una nave civile”, poi diventata “il solito relitto mercantile”.
Difficile trovarne interessante o attraente la storia e, come non ne avessero una, ci si dimentica perfino del loro nome. L’onta peggiore, per una nave. Eppure una storia l’hanno avuta anche loro ed è stata una storia unica: è risuonata nelle merci che trasportavano in stiva, negli incontri avvenuti nelle loro cabine, nella musica che si ballò in quei saloni, nella bandiera che battevano, nelle tempeste che hanno affrontato per assicurare il carico dei loro sogni al porto di arrivo.
Dall’altra parte del mare. Dove – che vi siano giunte o meno – hanno comunque determinato chissà quanti altri destini. Semplicemente per il fatto di essere esistite, di essere partite. Solo quando queste navi diventano relitti e ai subacquei soltanto è concesso d’ispezionarli volandovi in immersione si scopre la loro nuova e così insolita natura. Un inno alla vita e al Creato, in ogni loro pertugio, originale manufatto o esito del precipitare nell’abisso.
Così le immagini che i visitatori dei fondali raccolgono narrano al mondo ciò che sono diventate ed è allora che quelle navi, come per magia, escono dall’occultamento e dall’anonimato, trasmettendo tutto il fascino che non poterono avere, tutti i segreti che non dovettero custodire, tutta la gigantesca colonia vivente che pur così inermi difendono. Non si sono mai arrese. Un diverso e rinato navigare. Il solo modo che la loro anima ha per candidarsi all’eternità. Voi che scendete laggiù…ricambiatele del privilegio che vi offrono nel lasciarsi osservare, restituitele voce, dicano a tutti chi sono. Tutti dobbiamo loro qualcosa: essere qui.