Un corso istruttori magistrale in una location d’eccezione, questa l’ultima iniziativa di formazione messa a punto e svolta all’Isola del Giglio da ASBI. Che ancora una volta rilancia il valore di una metodologia di successo basata sulla qualità. E ora? Che diranno o faranno tutte le altre didattiche i cui standard al confronto impallidiscono?
Di Romano Barluzzi. Foto ASBI.
La materia della disabilità sensoriale e motoria in acqua e nell’immersione subacquea, data l’espansione incontrata nel tempo, ha preso a sviluppare particolari connotazioni di delicatezza e complessità, tali da richiedere speciali doti di professionalità negli operatori di settore.
È evidente, in altre parole, quanto si sia fatta necessaria una formazione specifica di alta qualità, senza la quale non si può seriamente sostenere di riuscire a soddisfare le esigenze degli allievi o turisti non vedenti o disabili, né di poter risultare educativi nei confronti di istruttori, aiuto-istruttori e guide sub su queste specialità.
Ebbene, la risposta di ASBI è nei fatti, nelle attività alla luce del sole: cioè mantiene quel che promette in fatto di standard, normativa, abilitazione, attività ed educatività. In tutto e per tutto. Come? Facciamo l’esempio più recente, giusto una manciata di giorni fa.
Com’era noto anche dalle nostre anticipazioni, dal 30 aprile al 5 maggio all’Isola del Giglio, in località Campese, si è dunque svolto il corso istruttori per disabili – specializzazione per non vedenti a cura dell’Associazione riconosciuta “ASBI – Albatros-progetto Paolo Pinto-Scuba Blind International”.
Il corso stavolta destava particolari motivi d’interesse ed era molto atteso anche per il fatto di aver ricevuto per la sua realizzazione un sostegno prestigioso e autorevole, grazie al progetto vinto con “OSO Ogni sport Oltre” e con “Fondazione Vodafone Italia”.
I Corsisti – preselezionati su una cinquantina di richiedenti – si chiamano: Sofia Ravo, Tatiana Mairano, Savino Stallone, Nicola Di Trani, Andrea Missere, Stefano Ancona, Simone Boiocchi, Daniela Ronconi.
I Coadiutori non vedenti all’opera anche come “valutatori” sono stati: Elisabetta Franco, Roberto Polsinelli, Antonio Tramacere, Ada Ammirata.
Lo Staff Istruttori: Manrico Volpi (Trainer), Nicola Fanelli e Vincenzo Ladisa.
Ma al di là del doveroso omaggio della citazione di nome e ruolo dei protagonisti, vale presentare l’attività per come è stata concretamente svolta sulla bellissima isola toscana: cinque giornate piene, sei immersioni reali in mare, ogni giorno inizio attività alle ore 8:00 del mattino e termine alle ore 20:00 la sera. Quelli fighi direbbero “full-immersion”. Ma si fermerebbero qui. Perché non ci sono altri termini gergali per definire sinteticamente il modus operandi seguito in ASBI: bisogna trovarcisi, provare di persona, dal vivo.
Forse la descrizione che più può avvicinarsi a trasmettere l’essenza dell’attività è quella che spiega le modalità applicative delle “simulazioni”, seppur venga loro destinata una quota minima dell’attività formativa rispetto al mare. Trattasi di quel genere di simulazione intesa non come un’astrazione teorica di qualcosa che si è costretti solo a immaginare perché in realtà non c’è, bensì come il continuo esercizio pratico di condizioni che tendono a riprodurre con livelli crescenti di veridicità le varie situazioni reali a cui ci si deve preparare. A compimento della giusta progressione didattica, arriva quindi la realtà vera: il mare. A sua volta inteso non come massa d’acqua salata bensì come ambiente, per quello che davvero è: un immenso tessuto vivente! Di cui, se non lo si può vedere (ma se ne avvantaggerebbero anche i normo-vedenti), bisogna saggiare la consistenza, la forza, l’odore, il sapore e tutta l’infinita gamma dei suoni che lo animano.
Così, nella metodica spiccano un’intera serie di supporti dal significato intuibile e al contempo sorprendenti: riproduzioni artificiali di organismi marini – piante, alghe e animali – realizzate in maniera composita con parti e materiali diversificati per riprodurre quanto più possibile fedelmente non solo l’aspetto ma anche la consistenza della struttura e la rugosità delle sue superfici al tatto del non vedente e della sua guida. E questo non è che un esempio, se ne potrebbero fare molti altri, a partire dalle prime prove che tendono a far sperimentare al candidato normo-vedente la vera condizione di cecità, restando con la visuale oscurata per tutte le prime ore del corso; poi c’è il celeberrimo “riconoscitore delle specie marine” in cui le informazioni per il riconoscimento delle specie sono miste, in Braille e in immagine con testo stampato, così da insegnare la condivisione delle medesime informazioni tra il non vedente e la sua guida; infine, gli stessi non-vedenti, che lo sono veramente e si fanno condurre in immersione dal candidato, che poi sono loro stessi a valutare. Hanno cioè voce in capitolo nell’attribuzione dell’abilitazione finale. E sono inflessibili, secondo il principio che «se da cieco son venuto da te per farmi portare sott’acqua, o hai saputo trasmettermi sicurezza, autonomia, tranquillità e conoscenza degli habitat nel mostrarmi il fondale; oppure, se qualcosa sotto questo profilo non mi ha convinto, vuol dire che ancora è presto per darti l’abilitazione!»
Si può intuire già da questi spunti quanto la faccenda oggi si sia fatta complessa, al punto da far sembrare appena sufficienti perfino cinque giornate di fuoco strutturate così bene.
Allora la “domanda delle domande” a questo punto si fa parimenti spontanea e dobbiamo porla, anzi rilanciarla, visto che quando l’abbiamo fatto più sommessamente alcuni mesi fa proprio dalle nostre pagine, nessuno volle dare spiegazioni e molti diretti interessati devono aver preferito far finta di nulla: “perché gli standard di tutte le altre didattiche in tema di formazione istruttori alle disabilità in acqua neppure si avvicinano a quelli di ASBI?”
Non sarà il caso di cominciare a dare qualche pubblica spiegazione su tanta discrepanza, dato che per scoprirla basta leggere e confrontare tra loro gli standard dichiarati da ciascuna organizzazione? Una regolatina, di conseguenza, gliela vorremo dare a quegli standard per adeguarli?
E che ne è di questa discrepanza se ci si spinge a misurarla fin sulla differenza tra quanto dichiarato per iscritto e quanto eseguito realmente?
Come viene interpretato nelle varie organizzazioni il concetto di “simulazione”? (Ovvero, la formazione si cerca di darla con prove di buona verosimiglianza o si finisce per ricadere su invenzioni da tavolino? La simulazione organizzata nei vari casi è una riproduzione ad hoc della realtà o solo una finzione teorica? E in ogni caso in che percentuale viene posta la simulazione rispetto all’attività reale sul campo, cioè in acque libere?)
Che ne pensa il grosso della comunità dei non vedenti, i cui membri sono attivissimi nella comunicazione in rete – e i sub tra costoro sono diventati moltissimi grazie soprattutto ad ASBI – al punto da costituire un’attenta e informata community?
C’è una nota didattica che prevede da anni, meglio sarebbe dire “pretende” – senza che sia dato sapere con quali esiti sulla reale applicabilità e riproducibilità del metodo, né numericamente né qualitativamente – di conferire l’abilitazione di “istruttori ciechi”: cioè, attenzione, non “coadiutori non-vedenti dell’istruttore normo-vedente”, ma proprio “non-vedenti loro stessi istruttori sub”. Eppure una battuta di reazione a questa “amenità concettuale e normativa” all’epoca fece immediatamente il giro proprio della comunità dei non vedenti, quando ebbero a osservare: «forse qualcuno non se n’è accorto ma la cecità non c’impedisce di riconoscere subito chi propina “false aspettative”!»
Ecco, in conclusione: riteniamo che un po’ di chiarezza, una generosa dose di trasparenza e conseguenti azioni concrete siano diventate indispensabili e non più rinviabili all’interno del vasto e purtroppo diversificato universo degli “addetti ai lavori” (o sedicenti tali), nei confronti di un’utenza che va dai non vedenti e disabili stessi a tutti i cittadini, subacquei e non! Un’utenza meritevole anzitutto di rispetto. Per definizione.
E, come sempre, noi di SerialDiver rimaniamo qui a disposizione di qualsiasi contributo in idee fondate da parte di chiunque. Fermo restando che invece le pure opinioni non suffragate dai fatti e le polemiche a vuoto, anch’esse come sempre, non c’interessano.
A tal proposito, giusto per dare ulteriore consistenza fattuale alle considerazioni soprariportate, proseguiamo con una carrellata di testimonianze dirette.
Le prime 3 sono di altrettanti candidati all’abilitazione finale nel corso del Giglio, presi a campione, cui abbiamo rivolto le medesime 4 domande ciascuno.
Queste le domande… abbinatele voi alle risposte dei 3 neo-istruttori ASBI:
1 – Come ti è venuto in mente di voler fare questa esperienza? Insomma qualcosa sulle tue motivazioni e/o aspettative…
2 – Qual è la parte che hai trovato più difficile, o complessa, o impegnativa … ?
3 – E quella che ti ha interessato o coinvolto o emozionato di più?
4 – Perché, secondo te, uno dovrebbe voler diventare istruttore per non vedenti e disabili in ASBI?
Rispondono nell’ordine Sofia Ravo (precedenti didattici in RAID), Nicola Di Trani (pregressi PADI e in DDI) e Simone Boiocchi (provenienza da NADD e HSA).
Sofia Ravo
1-«Ho conosciuto il mondo ASBI grazie al mio istruttore, che è da tempo istruttore Albatros, e la cosa mi ha subito incuriosita. Ho iniziato a seguire i ragazzi in immersione, provando a toccare cose, a chiudere gli occhi, e ho potuto così scoprire un mondo nuovo. Sono rimasta letteralmente affascinata, sia in acqua sia fuori, dalla forza di questi ragazzi e dall’entusiasmo con cui si approcciano sia alla subacquea sia alla vita. Da lì ho voluto cercare di trovare il modo di condividere ancora di più, e allora appena possibile ho voluto fare il corso istruttore ASBI.»
2-«Difficile è stato capire come approcciarsi, come guidarli, come spiegare cose in maniera per loro tangibile e pratica. In poco tempo ci siamo trovati a dover imparare a relazionarci con una condizione di cui sapevamo poco o niente, e sempre a 360°, sia fuori che poi ovviamente in acqua. I ragazzi non vedenti sono stati meravigliosi nell’aiutarci a imparare, sono loro che hanno letteralmente guidato noi in questa esperienza e ci hanno mostrato come fare e come non fare.»
3-«Portarli sott’acqua è un’esperienza indescrivibile. Un giorno stavo portando Elisabetta e a un certo punto sento dei rumori strani, non capisco subito ma poi: stava cantando! Ci siamo messe a cantare mentre girovagavamo per la posidonia. Un’altra immagine bellissima invece riguarda Tonino: Manrico e Enzo gli hanno portato un polpo, hanno giocato un po’ insieme e poi l’hanno ovviamente lasciato andare. La gioia di Tonino era incontenibile: ha abbracciato Enzo e Manrico sott’acqua con una foga contagiosa. Siamo andati avanti a parlare di questo polpo per giorni, e sempre con lo stesso entusiasmo.»
4-«Perché ti arricchisce come persona. Ti permette di cambiare punto di vista, di vivere poi anche le immersioni che uno fa per conto proprio con un altro spirito. Ti insegna ad apprezzare il particolare in immersione, a prestare attenzione alle piccole cose. E soprattutto, entrare in Albatros è come entrare in una grande famiglia.»
Nicola Di Trani
1-«Avevo già conseguito un altro brevetto che mi abilitava a insegnare ai disabili motori e ai non vedenti, ma la componente dei non vedenti era molto limitata rispetto a quella motoria. Il corso precedente si svolse in 3 giorni, questo invece ne ha richiesti ben 5 e ½. Avevo delle aspettative molto elevate in merito alla “quantità” di nozioni nuove da apprendere e… sono rimasto piacevolmente sorpreso anche dalla qualità della formazione ricevuta. Colgo sin da subito l’occasione per fare i miei complimenti per la preparazione al Trainer Manrico Volpi per la parte tecnica e ambientale e al dott. Nicola Fanelli per la parte medico scientifica che per me ha costituito un utile ripasso delle nozioni Universitarie.»
2-«Non ho trovato parti difficili ma ritengo sia stato molto “impegnativo e coinvolgente” l’aspetto pratico e organizzativo delle immersioni. Dopo tutto, in acqua, la parte della sicurezza è interamente demandata a noi guide e… dobbiamo stare attenti a non sbagliare. Questa cosa inizialmente ha ingenerato in me un po’ di stress che si aggiungeva a quello accumulato per il lavoro nelle settimane precedenti al corso ma, incredibile a dirsi, ho ritrovato serenità proprio mentre mi immergevo con Ada, subacquea non vedente romana. Con Lei mi sono sentito quasi… “guidato” dalla sua calma.»
3-«Come ti dicevo, la parte più emozionante è stata quella in cui un “non vedente” mi diceva di stare calmo e tranquillo. Per un istruttore, abituato a sorvegliare, a organizzare e pianificare nei minimi dettagli le attività di un diving, non è stato facile rilassarsi ma … quando ho capito che dovevo pormi come … “un bicchiere da riempire” ovvero svuotare la mente e lasciarmi guidare dalle emozioni… il risultato è stato sorprendente.»
4-«Spesso ho parlato di questi corsi con alcuni colleghi istruttori o guide. Non ti nascondo che molti pensano già di sapere tutto e di non aver nulla da apprendere. La verità è che se ci si approccia come “insegnanti”, come coloro che già sanno, si rischia di perdere di vista la realtà e ci si veste sempre più da supereroi. Io ho appreso più nozioni sulla sicurezza in questi due corsi che nel corso istruttori e sono certo che tornerò a fare immersione con loro… per provare nuovamente quelle magnifiche emozioni che solo un “non vedente” sa trasmetterti con “un palmo di mano” durante una immersione.»
Simone Boiocchi
1-«Un amico mi ha parlato di Asbi e mi ha fortemente colpito il principio di “autonomia consapevole” al quale ogni ragazzo punta durante il corso e la profonda “conoscenza ambientale” che raggiungono gli allievi. L’idea di vivere questa nuova esperienza mi ha così tanto entusiasmato che mi sono subito fatto avanti.»
2-«Forse quella di lasciarmi andare. Inizialmente rimanevo un po’ chiuso per paura di sbagliare o forse per timore di non sapermi rapportare nel modo corretto. Poi ho pensato che ero al corso per imparare e che se avessi sbagliato, come ho sbagliato, avrei sicuramente imparato molto di più che restando fermo in disparte a guardare. E così è stato.»
3-«Mi hanno emozionato il sorriso e la gioia dei ragazzi prima e dopo l’immersione. La felicità che si respirava nell’aria e che sono riusciti a trasmettermi in ogni momento della giornata. È stato un continuo crescendo di emozioni vere che mi auguro continui con e nei prossimi incontri.»
4-«Se qualcuno vuole diventare istruttore per non vedenti, in ASBI trova una grande famiglia e non solo una didattica. La volontà di dare a ogni subacqueo una fruibilità dell’immersione d’identico carico emozionale e cognitivo, condiviso con la guida e perfettamente paritetico al gruppo degli altri sub, in assoluta sicurezza e divertimento, è qualcosa di assolutamente unico. Senza contare quello che si impara immergendosi come guide o istruttori ASBI arricchisce la propria professionalità a vantaggio di tutti.»
Seguono, per finire, opinioni e ringraziamenti di personaggi comunque testimoni al corso:
Sergio Ortelli, Sindaco di Isola del Giglio
«Un grazie di cuore a Angela Costantino Pinto e a tutti gli amici che ho conosciuto in questa bellissima esperienza. È un progetto che coltiveremo per rendere accessibili i nostri fondali anche ai non vedenti. Dopo questa meravigliosa esperienza, piena di emozioni, ci impegneremo a rendere l’isola e i suoi fondali ancora più fruibile, per tutte le disabilità.»
Andrea Criscito, del Diving Zero Meno
«E grazie al progetto albatros progetto Paolo Pinto.
Un’esperienza che solo chi vi ha conosciuto può interpretare..
Un sincero grazie a tutti voi, che ci avete insegnato come la subacquea si lascia ammirare anche con altri occhi… un abbraccio e… alle prossime bolle.»
Stefano Feri, Vice Presidente Parco Nazionale Arcipelago Toscano Isola del Giglio
«Cara Angela Costantino Pinto siamo noi che ringraziamo te e la tua associazione e per tuo tramite tutte le belle persone che ne fanno parte. Voi portate avanti un testimone importante e chi ha la fortuna di entrare in contatto con la vostra realtà ha l’opportunità di respirare aria bella e sana oltre che imparare un sacco di cose. Buon vento.»
L’ultimo nell’ordine e non nell’importanza è il “grazie speciale” che va dallo staff di ASBI allo staff dell’hotel Campese (in particolare alla sig.ra Manuela Feri) e quello personalissimo a ciascuno dei turisti subacquei e delle guide che hanno partecipato alla cinque giorni al Giglio.