«Non succede tutti i giorni di poter nuotare a fianco di un “pesce Wurstel”… è il soprannome che mi sono appioppato!», parola di Flash Gordon-Roberto Vettori. Che ci parla senza riserve della sua condizione di subacqueo un po’ “speciale”. Una storia di forza, ironia, coraggio e speranza. Una storia da sub
di Romano Barluzzi. Immagini Lorenzo De Mari e Chiara Scrigner
Durante una torrida trasferta siciliana di qualche giorno fa c’imbattiamo nelle attività promosse dal Club Sommozzatori Siracusa in collaborazione con le strutture del celebre villaggio Nicolaus Club di Fontane Bianche. Questa, in particolare, rapisce per prima la nostra attenzione. Ma non vogliamo anticiparvi alcun commento, meglio lasciar parlare il protagonista assoluto di questa storia tutta da leggere e da raccontare. Ecco a voi Roberto Vettori.
Roberto… come ti descriveresti avendo a disposizione solo due o tre righe?
«Sono un quasi 62enne Trevigiano che, grazie allo “sgambetto” di una certa Simona in quel di Roma, si ritrova trent’anni dopo, felicemente sposato e amato, a vivere nella “città eterna”.»
E su “Roberto e lo sport” che ci dici? Tifoso?
«Non sono mai stato uno sportivo molto attivo, anzi …ma ho sempre avuto grande ammirazione per quegli uomini che lo sport l’hanno saputo far crescere con lealtà, sacrificio e abnegazione totale. Essendo diventato un realista-disilluso non riesco più a essere tifoso; mi tengo qualche grasso “…E Vvvai!” per Valentino e per “La rossa di Maranello”.»
Come ti è venuta per la prima volta l’idea di provare a fare immersioni?
«A essere sincero credo che non ci sia mai stata una intenzione di andare sott’acqua ma solo un susseguirsi di accadimenti che nel giro di poche ore mi hanno portato a creare una nuova sfida con la patologia che mi tiene sulla sedia a rotelle… la Sclerosi Multipla.»
Ci racconti com’è andata?
«Luglio 2013. Eravamo al secondo giorno di ferie, con mia moglie e una coppia di amici ai bordi della piscina del Resort Fontane Bianche, pochi chilometri da Siracusa e pochi metri da un mare cristallino come pochi. Dovevamo definire i dettagli per un’escursione in gommone programmata per il giorno successivo ma il Comandante era impegnato in una attività che subito attirò la mia attenzione: stava tenendo una lezione per “baby Sub”, in piscina, coinvolgendo una decina di piccoletti, divertiti e impegnatissimi. Neanche il tempo di incrociare lo sguardo con Emanuele (questo il nome dell’istruttore) che mi dice: “Se ti va di provare, domani potremmo portarci le bombole in gommone”. Il Flash Gordon che sta in me ribatte: “Perché non provare adesso in piscina, appena finisci la lezione? Detto fatto, dopo 10 minuti, alcuni ragazzotti nerboruti mi stavano sollevando dalla carrozzina per adagiarmi in piscina, … vesti il gav, … prova il boccaglio, qualche informazione di carattere generale, adrenalina alle stelle ma tranquillità massima e fiducia in tutti quelli che mi stavano supportando, il tempo di rispondere un ultimo “OK” con la mano “atrofica” come la pinna di Nemo e via alla rotazione, pancia in giù e improbabili bracciate a cercare il fondo della piscina. Quel mondo che, per paure acquisite da giovane, avevo sempre snobbato sembrava all’improvviso essere stato “il mio” da sempre.»
Cos’hai provato la prima volta che hai respirato dall’erogatore sott’acqua?
«E’ stata una girandola di grandi emozioni perché avevo ipotizzato l’insorgere di paure o qualche esitazione o comunque una falsa partenza ci poteva stare. Invece, nel momento in cui ho affondavo la testa, mi sono sentito a mio agio e ho percepito immediatamente il corpo rilassarsi a un livello provato prima solo sul tavolo del massaggiatore, ho provato il benessere che ti procura il fluttuare in totale libertà anche se vigilata dal coach Emanuele, da quel momento la respirazione non è mai stata una preoccupazione e l’obbiettivo è diventato appoggiare il petto sul fondo vasca. Il tutto con una serenità che non avrei mai pensato di poter avere.»
Un passo indietro… ti va di parlarci più in dettaglio della tua malattia? Da quando ti è stata diagnosticata?
«Era il 1989 quando si presentò creando le prime preoccupazioni, ma dal ’93 in poi iniziò a lasciare segni evidenti della sua altalenante attività facendo danni importanti al sistema nervoso centrale, costringendomi a numerosi ricoveri ospedalieri, qualche lungo periodo di allettamento e periodi di fisioterapia per accelerare il recupero dei danni che ogni ricaduta inevitabilmente lasciava. Mi ha permesso comunque di svolgere il mio lavoro di geometra fino al ’98 per poi costringermi in carrozzina tra il 2000 e 2001… e prosegue tutt’ora con un lento ma inesorabile avanzamento della disabilità degli arti superiori. Tutto questo, nonostante la vicinanza di uno staff medico di tutto rilievo e applicazione di tutti i protocolli farmacologici resisi disponibili in questo lasso di tempo.»
Le maggiori limitazioni che subisci oggi a causa sua?
«La limitazione che sento veramente pesare di più è l’impossibilità di suddividere la giornata per come fanno le persone comuni, ovvero: 10 ore sonno/riposo, 8/9 ore lavoro, 3/4 ore attività ludiche/sportive ecc. Io ho solo due scelte: disteso sulla schiena (a letto) o seduto (sedia a rotelle). Sembra un’analisi demenziale ma la ritengo solo estremizzata, se pensate che ogni volta che devo cambiare il mio assetto/posizione devo avere una persona robusta che garantisca almeno il buon fine della manovra se non il totale trasferimento a peso morto.»
Torniamo al passaggio dalla piscina al mare… come hanno preso i tuoi familiari la tua scelta di fare immersioni?
«Io mi ritengo una persona fortunata, ho una moglie meravigliosa, che soffre questa mia scelta perché consapevole che quello da me perseguito è un obiettivo che racchiude qualche piccolissimo rischio ma, allo stesso tempo, è fiera di questa mia voglia di mettermi alla prova consapevole poi che l’evento “immersione” viene preparato durante tutto l’inverno con un’attività settimanale in piscina che contribuisce in maniera importante al mantenimento dello “status quo” di potenza muscolare ed elasticità muscolo-scheletrica. Gli altri, amici compresi, pensano che non ho proprio tutte le rotelle a posto.»
Abbiamo guardato ripetutamente il video della tua uscita sottomarina di questa estate e la tua soddisfazione – ma anche quella dei presenti – è di tutta evidenza (i lettori possono accedere al video inedito cliccando qui: https://youtu.be/VhXkEuiSR58 ci dici cos’è che ti ha entusiasmato di più?
«Premesso che al ritorno mi sentivo come il bambino a cui i genitori hanno dato il gelato con due palline mentre loro si mangiano la coppa maxi con panna e cioccolato fuso, ovvero appagamento moderato e tanta voglia di rivincita, è innegabile che “coach Emanuele” era impettito per il bel risultato dell’allievo che seppur ancora un po’ crudo promette bene, il resto del team era felice perché non succede tutti i giorni di poter nuotare a fianco di un “pesce Wurstel”…è il soprannome che mi sono appioppato… e Simona perché il “pesce Wurstel” se lo stava riportando a casa. A parte gli scherzi, lo stare in un ambiente completamente nuovo, sognato da molto tempo e l’averlo approcciato con sfrontata serenità è stato per me motivo di orgoglio. La parte più emozionante è sopraggiunta guardando il video quando ho potuto verificare che veramente ero stato lasciato libero di nuotare senza alcun controllo di assetto, per la prima volta Emanuele mi aveva lasciato completamente autonomo. E’ un gran traguardo!»
Che differenze hai notato nella tua mobilità quando sei in immersione rispetto alla vita da terrestre?
«La prima percezione è di un notevole miglioramento nella coordinazione dei movimenti, la resistenza omogenea che l’acqua genera mi aiuta tantissimo a muovermi con più plasticità evitando di avere spasmi o contrazioni improvvisi. Ma l’aspetto più probante dell’effetto positivo che l’immersione ha su di me è che, in maniera del tutto inconsapevole, mi ritrovo a muovere parti del corpo che solitamente non hanno reazioni, mi riferisco alle gambe che in posizione prona cercano di pinneggiare.»
Vorresti continuare? E nel caso come vorrai organizzarti a questo scopo?
«Qui veniamo alle dolenti note. Certo che vorrei continuare e farò tutto il possibile per migliorarmi ma, mi faccio io una domanda: dove stanno le strutture idonee, cominciando dalle piscine attrezzate ad accogliere le persone con disabilità con sistemi di saliscendi in acqua, con spogliatoi rispettosi di una dignità che con facilità si rischia di calpestare? Contattare “Chi l’ha visto”! Se poi vogliamo spostarci al mare gli ostacoli aumentano in maniera esponenziale, barche attrezzate al ripescaggio del disabile dopo l’immersione? Fateci sapere! Rimangono gli approdi più o meno naturali e poi dovremo affrontare anche il problema degli istruttori preparati e soprattutto dotati della giusta sensibilità per prendersi amorevolmente cura dell’incolumità del disabile. A questo punto però dovete concedermi un ringraziamento “Grande & Sincero” a tre persone che sono state fondamentali per questa mia esperienza e conseguente crescita umana: il primo “Grazie!” a Emanuele Vitale che ha acceso questa passione e che è sempre attento a che il Sacro Fuoco non si spenga; il secondo a Donato Sarangelo, sub della vecchia guardia ma anche istruttore di nuoto, che per tutto l’inverno mi fa scendere in vasca per continuare a mantenere il fisico ai migliori livelli; e il terzo all’amico che è Ibrahim Linjuom che mi aiuta con estrema dedizione e sforzo fisico per prelevarmi da casa e farmi scendere in vasca supportandomi per tutte le necessità che mi si presentano.»
Roberto… perché uno dovrebbe voler diventare subacqueo? E perché, in particolare, dovrebbe interessare provarci a chi si trova in una condizione simile alla tua?
«Fare subacquea è emozione pura. Per le diversità biologiche e degli ambienti che potrai ammirare, perché è sport, perché è tecnologia, perché è scienza a tutto tondo; e per chi ha problemi fisici può essere una parte della fisioterapia.
In ogni caso è una grande palestra di vita.»
3 Comments
Donato
Bellissimo articolo! personalmente ringrazio l’autore, Roberto Vettori x avermi menzionato e tutti gli amici che mi sopportano!
Donato Sarangelo
Istr. HSA
Fiorella Bertini
bellissimo articolo…….rende un grazie alla subacquea…..per la felicità che restituisce a tante persone….
Antonio Milazzo
Roberto è un esempio di vita in tutto, parlare con lui, condividere passioni, ti rende più ricco dentro, facendo emergere in te tutti i valori di coraggio e abnegazione che un uomo DEVE avere.